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Palermo: Segni di vita

Reading di brani in prosa e interventi musicali

Il Centro Culturale "Il Sentiero" è stato tra gli organizzatori dell'evento "Segni di vita", reading di brani in prosa di diversi romanzieri, che hanno vissuto in tempi e luoghi distinti: da Manzoni a Bulgakov, per poi fare un salto agli anni Novanta americani per ascoltare la voce di David Foster Wallace, uno dei più grandi scrittori degli ultimi trent’anni.





Cronaca dello spettacolo:

Aprire gli occhi per rinascere
Basta guardare a volte. O semplicemente affidarsi allo sguardo, alle parole di un altro. Domenica sera a Palermo, trafitti dalla verticalità di San Mattia dei Crociferi, l’eco di autori distanti temporalmente e letterariamente si è fatta presenza, accompagnata dalle note di Joshua Ross. “Segni di vita”: questo il titolo dell’iniziativa promossa dal Centro Culturale “Il Sentiero”, per donare ai convenuti la possibilità di ricordare la propria ferita e il proprio desiderio.
Attraverso la voce di Giovanni Vesco, Filippo La Porta e Giuseppe Santostefano, il dramma dell’Innominato manzoniano è divenuto l’universale interrogativo di chi percepisce la miseria del peccato, ma commosso si scopre figlio amato. Figlio di un Dio la cui esistenza e misericordia si sottrae a qualsiasi prova razionale, ma non per questo non umanamente esperibile. «Deve convenire che nella sfera della ragione non ci può essere alcuna prova dell'esistenza di dio» afferma Berlioz, personaggio di Mikhail Bulgakov ne “Il Maestro e Margherita”- interpretato da Gabriella Ricotta- nell’assoluta convinzione che sia l’uomo a dirigere il corso della propria esistenza.
Quell’esistenza che oggi, nel tentativo di eludere qualsiasi interpretazione e connessione con il reale, viene compressa nel silenzio o nel rumore, consegnando a qualcun altro la responsabilità e la gravità del pensiero e delle scelte. Rappresentazione ideale ed emblematica di ciò che oggi sembra (o vuole) imporsi come modalità di abitare il mondo, è la crociera, in particolare la crociera descritta da David Foster Wallace nel testo “Una cosa divertente che non rifarò mai più”, narrato da Giuseppe Lupo.
In queste navi extralusso di massa si prova un sentimento, scrive l’autore, di disperazione, “uno strano desiderio di morte, mescolato a un disarmante senso di piccolezza e futilità che si presenta come paura della morte. Forse si avvicina a quello che la gente chiama terrore o angoscia. Ma non è neanche questo. E’ più come avere il desiderio di morte per sfuggire alla sensazione insopportabile di prendere coscienza di quanto si è piccoli e deboli ed egoisti e destinati senza alcun dubbio alla morte”.
Forse oggi non sono più soltanto i bambini a chiudere gli occhi per sconfiggere le ombre buie, per non guardare il volto dell’uomo nero. Ci viene chiesto oggi più che mai di guardare, di sgranare lo sguardo, di accenderne il desiderio, di scavare la realtà che ci si offre. Scopriremo qualcosa che sfugge alla percezione della nostra inevitabile mortalità, qualcosa che somiglia a una luce, a un segno. A un segno di vita.



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