Genova: Cosa tiene accese le stelle

Face to Face con Mario Calabresi


L’incontro si svolgerà in forma di intervista al noto giornalista italiano, che illustrerà le motivazioni e il metodo dei suoi recenti lavori, in particolare del suo ultimo libro, in cui si è impegnato a raccogliere e raccontare storie di persone che, in quest’epoca segnata dalla crisi, non hanno rinunciato ai loro desideri e progetti, né sono venuti meno alla responsabilità verso se stessi e verso gli altri. Calabresi ci racconta storie di imprenditori, ricercatori, artisti, che ben rappresentano l’Italia creativa e laboriosa, ma anche di persone comuni, o anzi per alcuni aspetti svantaggiate, come la tredicenne di Taggia, figlia di immigrati marocchini, che diventa la migliore studentessa della sua scuola, spinta dalla voglia di imparare e di costruire il proprio futuro. Al centro di queste storie sta infatti quel desiderio che “tiene accese le stelle”, che trae origine nella natura profonda dell’uomo e che può costituire oggi l’antidoto più potente al lamento e alla rassegnazione imperanti. Con questa iniziativa il Centro culturale intende offrire a tutti la possibilità di incontrare un grande protagonista del mondo dell’informazione, che testimonia una sguardo aperto e appassionato alla positività del reale.

Sfidando un freddo pungente sommato al vento che sa rendere inospitale la splendida Genova, la sera di martedì 7 febbraio si è svolto presso il Teatro della Tosse l’incontro del Centro Culturale Charles Péguy con Mario Calabresi, direttore de La Stampa e autore di tre libri, tra i quali l’ultimo, cui era dedicata la serata: Che cosa tiene accese le stelle. Stimolato dalle domande del Presidente del Centro, professor Marco Di Antonio, Calabresi ha parlato delle motivazioni che lo hanno spinto a scrivere il libro, delle persone che più lo hanno colpito e le cui esperienze il libro racconta, della sua visione sulle difficoltà e sulle speranze del nostro paese, infine anche della sua storia personale. La testimonianza fornita da Calabresi è stata autorevole e avvincente. È emerso dalle sue parole uno sguardo di grande positività verso la realtà; una fiducia nelle persone, nella loro voglia di mettersi in gioco anche nelle circostanze più difficili; una critica agli atteggiamenti di autocommiserazione e di lamentela. «Quando un giovane dice: “ci hanno rubato il futuro” – ha detto Calabresi – è come un calciatore che prima di scendere in campo dice: “ci hanno rubato la partita”. E il grave è che lo dice prima di entrare in campo, prima di iniziare a giocare, prima di provare». Il cuore della questione sta quindi, per Calabresi, nella persona, nella sua responsabilità individuale, nella sua fame e nel suo desiderio. Ma anche nell’educazione, nei luoghi e nelle persone da cui la persona può trarre alimento per crescere in questo sguardo positivo. Anche perché, ha ricordato l’autore, l’energia per vivere e costruire non sta solo nei muscoli o nell’ottimismo della volontà dell’individuo, ma anche nel contesto sociale in cui è immerso. C’è un motore sociale, collettivo, oltre che individuale, da cui si trae l’energia del vivere. E la responsabilità personale è anche la responsabilità di fare i conti con la realtà e la responsabilità di fare memoria. Memoria, ad esempio, di un passato non lontano, in cui la situazione italiana non era affatto più facile di quella attuale, ma piuttosto dominata da tanta povertà e poche opportunità, contrariamente a una certa vulgata oggi dominante, che idealizza una mitica (e mai esistita) età dell’oro, spegnendo e mortificando le speranze dei giovani del nostro Paese.Ma una posizione umana come quella documentata da Calabresi, in cui la speranza e la fiducia nella positività del reale prevalgono sullo sconforto e sul lamento, non nasce da sola o per uno sforzo della persona; piuttosto, si impara. Ognuno di noi ha bisogno di imparare da un maestro, da qualcuno che “mostra, più che dire”. È questo ciò che è avvenuto a Calabresi stesso, come è emerso chiaramente nel momento in cui, sollecitato a documentare da dove traggano origine le sue posizioni così “fuori dal coro”, ha parlato della sua storia, ricordando il decisivo rapporto con una madre profondamente cristiana, che ha cresciuto i propri figli nell’idea di verità e di giustizia, insegnando loro a guardare la realtà e le persone con questa ultima positività, anche di fronte alle vicende più drammatiche (su tutte, l’“ingiusta” morte del padre).Ed è anche quello che è accaduto a molti dei presenti in sala, colpiti, toccati, commossi da una testimonianza capace di ridestare l’umano. Tra questi, in particolare, gli amici del Teatro della Tosse, realtà cittadina di grande tradizione e prestigio, che ha ospitato l’incontro; tra alcuni di loro e alcuni membri del Centro Culturale, al termine della serata, si è aperto un dialogo imprevisto, generato dalla commozione per quanto ascoltato. A dimostrazione che questa è davvero la dinamica della vita: è solo un umano ridestato che può a sua volta risvegliare l’umanità della persona incontrata. (A cura del Centro Culturale Charles Peguy di Genova)



Data

Martedì 07 Febbraio 2012 ore 21:00

Luogo

Teatro della Tosse, piazza Renato Negri 6/2, Genova