Eraclea Viva e il quadro di Barnett Newman

Settembre 16, 2014
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A conclusione della manifestazione culturale Eraclea Viva dal titolo: “Qualcuno ci ha forse promesso qualcosa? .. e allora perchè attendiamo?” che si è svolto il 12 -13-14 Settembre 2014 a Eraclea Mare, un amico ci invia questo resoconto.

Due linee parallele in campo blu che attraversano un quadro enorme, cinque metri per tre, sul fondo della sala, una bianca, perfetta, rappresenta la figura divina, l’altra, tinta arancio, sbavata, scorretta quasi deforme rappresenta l’uomo, il titolo: la Promessa, anno 1948.

Barnett Newman, una folgorazione per me, il 6 gennaio 2014 a Milano, Palazzo Reale, Mostra sull’Espressionismo astratto. Ci sono andato per Jackson Pollock, lo ricordo per Barnett Newman.

I miei mi davano per disperso, sanno che certe cose se mi incantano mi prendono, trenta minuti davanti a quel quadro curioso, dirompente nella capacità di sintesi sul rapporto fra Dio e l’uomo.

Evidente la cultura ebraica da cui Newman proviene: Dio e l’uomo stanno Uno davanti all’altro ma non si incontrano mai, non è prevista l’incarnazione, Cristo non c’è ma la domanda di Lui sì: la promessa esiste in tanto in quanto esiste Uno cui promettere.

Ho lanciato la sfida ai miei amici, ne è venuta fuori una riproduzione maggiorata che evoca la stessa sensazione di purezza.

Ad EracleaViva ha colpito tutti, non solo per le dimensioni effettivamente inconsuete ma perché quel quadro ha, di fatto, guidato tutto l’happening.

Ogni incontro, sia in sala con i relatori che lungo i corridoi degli stand, perfino al ristorante evocava una Presenza evidente.

Ha iniziato Mariella Carlotti: «Mentre tu costruisci l’opera, l’opera ti costruisce», a seguire Gotti Tedeschi «il problema del rapporto fra la fede e le opere è un falso problema per il semplice fatto che abbiamo perso le opere quando abbiamo perso la fede». Poi Bertinotti: «io non posso pensare che oltre quel quadro le due linee non si incontrino…» e Paola Bonzi: «ogni bimbo che non nasce è un buco nella storia del mondo ed è un’opera in meno per l’umanità».

Tutto sembra tracciato su un percorso di grazia, non c’è stato un relatore che, ovviamente senza averne volontà, non avesse iniziato dal punto lasciato dal predecessore: una trama fantastica.

Anche la presenza di Aldo Brandirali e gli amici di Democrazia e Comunità hanno esaltato la presenza di un popolo al lavoro, perché come sulla guglia del Duomo di Milano, a settanta metri di altezza, qualcuno, cinquecento anni fa ha scolpito un topolino ed una rana di commovente bellezza pur sapendo che nessuno li avrebbe mai visti a quell’altezza, così questi amici lavorano perché, come scrive Peguy, «è un onore che il lavoro sia ben fatto anche dove non si vede».

Alla conclusione, durante le poesie, ho annunciato il tema del prossimo anno «Non è la libertà che manca, quello che manca sono uomini liberi»: la sfida continua!

Andrea Babbo


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