Con “Il Rinoceronte… e Altro” di E. Ionesco, Il portico di Salomone di Rapallo si cimenta, quest’anno, in un’operazione di “rottura” rispetto al percorso effettuato fino ad oggi. Nelle tre precedenti stagioni, attraverso la rivisitazione di figure dell’antico e del nuovo testamento, aveva portato in scena il dramma dell’uomo davanti al suo destino, alle sue domande, ai suoi dubbi, proponendo l’ipotesi di risposta colta in autori quali Lagerkvist, Hadjadj ed Elena Bono.
Quest’anno potrebbe sorprendere la scelta di un’opera del teatro “dell’assurdo”, di un genere grottesco, paradossale e drammatico fino al tragico.
Eppure la “rottura” con l’esperienza consolidata è solo apparente, perché il grido dell’uomo davanti alle sorti della vita è sempre presente, anzi qui si fa più acuto, fino alla disperazione.
A settembre abbiamo scelto questo testo, perché ci sembrava descrittivo di alcuni inquietanti aspetti della nostra società. Ionesco mette a tema la trasformazione dell’uomo in bestia, la progressiva perdita dell’umanesimo, l’omologazione e l’acquiescenza gaia della massa di fronte a questo fenomeno, fino al sospetto, da parte del protagonista, che il rinoceronte sia bello, melodioso e abbia la ragione dalla sua parte. Il “crollo delle evidenze” di cui parlava spesso Benedetto 16°.
Purtroppo anche gli eventi sanguinosi degli ultimi mesi sembrano documentare questo decadimento nella bestialità, così lucidamente portata in scena dall’autore.
Berenger è il protagonista de “Il rinoceronte” e di altre opere. E’ il personaggio più caro a Ionesco che lo ha variamente sfaccettato, senza cristallizzarlo una volta per tutte. Una sorta di “anti-eroe”, sconfitto dalla vita, intorpidito dall’alcool, che nel corso della vicenda prende coscienza di sè e della sua statura umana, e che resiste di fronte al degenerare degli eventi. Eppure la forza morale riconquistata non è sufficiente a convincerlo della verità delle sue affermazioni e a salvare la sua umanità.
Incuriositi da questo personaggio, abbiamo voluto rievocare il ciclo “Berenger”, suddividendolo nei tre atti che compongono l’opera, e affidandone l’interpretazione a tre attori diversi. In questo modo lo spettatore potrà apprezzarne l’evoluzione lungo il corso degli eventi, fino alla tragica conclusione.
A questo punto ci siamo posti la domanda: “Quale ipotesi ci dà Ionesco per rispondere al dramma umano? Forse solo la disperazione?”
In questo anno della misericordia, vogliamo condividere la scoperta che abbiamo fatto della sua risposta.
La compagnia “Il portico di Salomone”
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