La questione

Tutto chiede salvezza

25 Aprile 2020
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Giovedì 23 aprile il Centro Culturale Shalom ha organizzato via Zoom un incontro con Daniele Mencarelli, in cui il poeta-scrittore ha risposto a domande sul suo nuovo libro “tutto chiede salvezza” e su come sta affrontando questo tempo del coronavirus. E’ stato un dialogo molto vivace in cui Mencarelli ha testimoniato l’analogia che vi è tra ciò che racconta nel suo nuovo romanzo e la situazione che stiamo vivendo. Infatti in quella settimana che lui ha vissuto nel TSO ( trattamento sanitario obbligatorio) con i suoi cinque nuovi amici ha scoperto cose che noi scopriamo oggi in queste settimane che dobbiamo trascorrere nelle nostre case: è stato affascinante scoprire come anche dentro limiti e ristrettezze l’essere umano possa intercettare ciò che vale per la vita e quindi non sono le condizioni determinanti, ma la domanda con cui si vive la situazione che è data. Mencarelli con la sua forza evocativa e con la sua poeticità ha documentato come questa sia la sua vita, una intensità di domanda e una accelerazione di amicizia in questi anni che lo ha ricompensato di tanto tempo apparentemente perso in amicizie incapaci di portare il suo desiderio.

La parola salvezza che è nel titolo del romanzo è così diventata evidente in tutta la portata di domanda che ha e che segna il percorso umano di Mencarelli. Nel romanzo lui scrive: “Una parola per dire quello che voglio veramente, questa cosa che mi porto dalla nascita, prima della nascita, che mi segue come un’ombra, stesa sempre al mio fianco. Salvezza. Questa parola non la dico a nessuno oltre me. Ma la parola eccola, e con lei il suo significato più grande della morte. Salvezza. Per me. Per mia madre all’altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza, ma come? A chi dirlo?”

E nell’incontro Mencarelli ha testimoniato la sua incontenibile ricerca di una risposta, che l’uomo nella sua fragilità può domandare ma che non si può dare. Una fragilità, quella che lui racconta dentro l’intreccio dei rapporti con i cinque nuovi amici con cui vive la settimana di TSO e che è la fragilità che viviamo oggi dentro la situazione che ha creato il covid-19, una fragilità che non è la fine di tutto o da cui bisogna fuggire, ma che è la porta aperta ad un divino che la varca per entrare. E per Mencarelli è evidente nella vita che è l’amicizia la modalità con cui il divino entra nelle nostre case, un Tu cui lui chiede di guardarci come ha scritto in una delle sue ultime poesie.

Il dialogo con Mencarelli ha fatto cogliere ancor di più la profondità della scoperta che lui ha fatto dentro il dramma del TSO e che lui esprime in un suo bellissimo brano, là dove scrive: “Oggi so che non sono io a vedere grandi le cose, ma sono loro a esserlo, io mi limito a guardarle nella loro reale dimensione. E la dimensione reale delle cose è gigantesca. Ogni singola giornata è costellata di azioni, visioni, degne di un’epopea straordinaria. Ogni persona incontrata, ogni scorcio di realtà inedito.” E’ l’esperienza di questi giorni, quella di non essere bloccati da limiti, fragilità e impotenza, ma dentro di essi ritrovare la bellezza della propria umanità.

Così parlando di un romanzo che racconta fatti del 1994 abbiamo scoperto tante analogie con la situazione attuale, e quel “tutto chiede salvezza” è la domanda che urge oggi e che grazie alla testimonianza di Mencarelli abbiamo scoperto quanto mai viva. Grazie a quella domanda si può essere protagonisti dell’oggi, come lui ha vissuto da protagonista e creativamente un TSO!
Gianni Mereghetti


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