La misericordia nei Promessi sposi
Una rilettura di alcune pagine del Manzoni guidata da Livia Novelli
Il Centro Culturale Alberto Gai ha inaugurato il nuovo anno con una serata in cui l’insegnante Livia Novelli ha focalizzato l’attenzione sui personaggi de “I promessi sposi” che si sono resi protagonisti di alcune opere di misericordia. L’appuntamento è stato online, domenica 3 gennaio 2021, in diretta sulla piattaforma Zoom. Ecco alcuni stralci della lezione.
Il titolo dell’incontro era “Misericordiosi perché toccati dalla Misericordia”, perché solo chi si sente amato sa amare, chi ha sperimentato su di sé uno sguardo buono sa guardare con benevolenza gli altri: portiamo agli altri solo ciò che prima abbiamo ricevuto. Emblematica in questo senso è la vicenda di Padre Cristoforo. Ludovico, sperimentato su di sé il perdono e fattosi frate, diventa portatore della Misericordia, portatore di Cristo, come esplicita il nuovo nome che assume.
Rileggendo i capitoli dei Promessi sposi relativi alla peste, si rimane colpiti dai tanti uomini e dalle tante donne che misero in pratica, nella loro azione quotidiana, le 7 opere della misericordia corporale e le 7 opere di misericordia spirituale. Il cardinal Borromeo, padre Cristoforo, Renzo, Lucia, la madre di Cecilia furono uomini e donne coraggiosi capaci di misericordia, nonostante le guerre, nonostante la sofferenza, nonostante le epidemie perché nella loro vita erano stati toccati dalla Misericordia.
Manzoni documenta in modo puntiglioso e preciso la società civile dell’epoca che ci descrive “molta rozza e mal regolata” e afferma, riferendosi agli uomini dello Stato, che “quelli a cui toccava un così importante governo, non sapesser più farne altro che cederlo ad altri” e questi altri, a cui lo Stato cedette il lavoro di prestare aiuto agli appestati, furono gli uomini di Chiesa. Manzoni a proposito dei tanti frati che operarono nel periodo della peste annota: “l’opera e il cuore di que’ frati meritano che se ne faccia memoria”. Ecco il vero senso del calendario: la Chiesa ogni giorno ci chiede di fare memoria dei santi, cioè di quegli uomini e quelle donne che hanno incontrato Qualcuno e in forza di quell’incontro sono stati capaci di ben operare. La Chiesa ci propone di guardare ai santi perché il cammino fatto da loro, con pazienza, con impegno, con fedeltà alle domande del cuore di Verità, Bellezza, Giustizia, diventi anche il nostro stesso cammino.
Nel ‘600 i cappuccini provvidero a organizzare ordinatamente la vita nel lazzaretto e a seppellire i morti (attività che le autorità civili non riuscivano più a svolgere).
Nell’episodio della madre di Cecilia, Manzoni definisce indegne le esequie della piccola. E anche noi oggi sentiamo che è indegno che un corpo venga ammassato ad altri corpi su un carro e portato via in fretta e furia. Tutti siamo stati colpiti a marzo dalle camionette con le salme che partivano dal comune di Bergamo. Siamo stati colpiti dal dolore dei parenti dei defunti che non potevano dare degna sepoltura ai loro congiunti. La cura commovente con cui la madre di Cecilia ha vestito la figlia morta per l’ultimo viaggio ci restituisce tutta la consapevolezza di questa donna affranta dal dolore ma non disperata, e questo dolore toccato dalla Grazia delle Fede colpisce il monatto che deve porre la morticina sul carro. Nelle righe precedenti Manzoni ci aveva descritto la malvagità, l’arroganza dei monatti, uomini che avevano contratto la peste e che ne erano guariti e che compivano ogni tipo di azione malvagia come depredare le case e le persone dei loro beni. Questo monatto, invece, è colpito dalla cura con cui questa madre ha preparato la figlia e se è vero che questa madre mette nelle mani del monatto dei soldi, Manzoni annota “Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l’inaspettata ricompensa, s’affaccendò a far un po’ di posto sul carro per la morticina”.
È nella natura dell’uomo prendersi cura dei propri cari fino all’ultimo istante, come ha fatto la madre di Cecilia. In questi ultimi mesi, invece, non abbiamo avuto la possibilità di assistere gli ammalati negli ospedali, di far visita ai nostri anziani nelle case di riposo. La Chiesa, che è maestra, ci dice che ci sono 7 opere di misericordia corporali ma insieme ci offre anche le 7 opere di misericordia spirituali. Non si può dare le une senza le altre. Qualcuno potrebbe pensare che le opere corporali siano più importanti di quelle spirituali, o viceversa. Non è così. Chi ama, pensiamo ai genitori, opera sempre per il bene materiale e spirituale dei figli, curare solo uno dei due aspetti sarebbe limitante.
Prima di lasciare Padre Cristoforo, Renzo fa intuire al frate la paura di non trovare Lucia e il suo profondo risentimento e odio nei confronti di don Rodrigo. Al che il frate rimprovera severamente Renzo per l’odio che lo consuma e non solo lo invita al perdono ma addirittura invita Renzo a pregare per il pentimento del signorotto, causa della separazione di Renzo da Lucia. Ciò che chiede Padre Cristoforo appare quasi una pretesa disumana, perdonare le offese e pregare per chi lo ha offeso. Come fa padre Cristoforo a chiedere a Renzo il perdono e la preghiera per don Rodrigo? Padre Cristoforo lo può fare perché ha come maestro Gesù, che è stato capace di pregare per chi lo aveva messo in croce. Padre Cristoforo non lascia solo Renzo, non gli dice “entra, vai, fai”. No, padre Cristoforo si comporta come un padre che guida il figlio: “Ebbene, vieni con me. […] E, presa la mano di Renzo, si mosse. Quello, senza osar di domandar altro, gli andò dietro.” Tutti noi siamo capaci di cose grandi, di meraviglie, ma ci serve questa guida da seguire, questa mano che ci afferri.
Renzo, dopo aver lasciato Padre Cristoforo, riesce a trovare Lucia: è con una donna, una mercantessa, una vedova, una madre a cui sono morti tutti i figli. In questo episodio possiamo capire cos’è l’ospitalità. Questa donna si offrirà di prendere con sé Lucia prima che ritorni a casa. La mercantessa è capace di vera ospitalità, che non è possesso dell’altro ma è amore all’altro, al suo destino. Questa vedova a cui erano morti tutti i figli aveva sperato di poter tenere sempre con sé Lucia una volta guarite entrambe. Ma sarà capace di rinunciare a Lucia, per un bene più grande di questa. È ben diversa da don Ferrante e donna Prassede che avevano sì tenuto in casa Lucia ma con la pretesa di infonderle le loro idee, la loro cultura. La mercantessa sa ospitare perché capace di quel giusto distacco che ci vuole sempre nei rapporti, l’altro non è tuo, l’altro va lasciato libero che percorra la propria strada al destino.
Lucia ha avuto la peste, è in via di guarigione, ma vuole che Renzo se ne vada, poiché non può più sposarlo per via del voto che aveva fatto quando era stata sequestrata dall’innominato. Renzo non si dà per vinto e si rivolge a Padre Cristoforo che scioglie Lucia dal voto. Poi Padre Cristoforo lascia ai due giovani il suo testamento spirituale: invita Renzo e Lucia ad amarsi come compagni di viaggio, a educare i figli all’amore per Dio e all’amore per tutti gli uomini, a pregare, a perdonare (per far capire ai due giovani che la chiave di tutto è il perdono dà loro il pezzo di pane che lui, padre Cristoforo, quando era giovane, aveva ricevuto come segno del perdono della famiglia a cui lui aveva ucciso un membro durante un duello). Padre Cristoforo salutando Renzo e Lucia lascia loro in eredità le 7 opere di misericordia spirituale, non elencandole ma dicendo loro: “Amatevi come compagni di viaggio, con questo pensiero d’avere a lasciarvi, e con la speranza di ritrovarvi per sempre”. La vita è un cammino. L’amore è soprattutto guardare alla stessa meta a cui tutti siamo chiamati. Ma in questo viaggio non siamo soli, abbiamo accanto qualcuno che ci sostiene, che ci consiglia, che ci istruisce. Questo insegnamento lo dà ai due giovani un uomo non sposato. Come fa a insegnare così? Perché questa esperienza vale per tutti, vale per chi è sposato, ma vale tra parenti, fra genitori e figli, vale tra amici… Il matrimonio è poi la responsabilità verso i figli, che non sono nostra proprietà, sono un dono da educare alla vita, alla fede, all’amore, al perdono.
Padre Cristoforo consegna ai due giovani il pane del perdono. “Qui dentro c’è il resto di quel pane… il primo che ho chiesto per carità; quel pane, di cui avete sentito parlare! Lo lascio a voi altri: serbatelo; fatelo vedere ai vostri figliuoli. Verranno in un tristo mondo, e in tristi tempi, in mezzo a’ superbi e a’ provocatori: dite loro che perdonino sempre, sempre! tutto, tutto! e che preghino, anche loro, per il povero frate!”. Con questo gesto il frate dà ai due giovani la chiave per un matrimonio felice, la chiave per ogni rapporto vero di amicizia: il perdono. Un matrimonio, una famiglia può durare nel tempo solo se gli sposi sono capaci di perdono vicendevole; solo se il padre perdona il figlio e il figlio perdona il padre; insomma se si è capaci di misericordia verso se stessi e verso gli altri.
Poi padre Cristoforo invita i giovani a pregare per don Rodrigo e per lui: pregare, per Renzo e Lucia, sarà fare memoria di ciò che di grande, di misterioso è successo nella loro vita, sarà fare memoria del dolore e della Grazia ricevuta, sarà guardare a chi è stato per loro una guida.
Quindi noi, che siamo chiamati ogni giorno a uscire nel mondo, a operare nella quotidianità del vivere, noi che magari stiamo per uscir fuori da questa pandemia, noi che abbiamo sofferto in questi mesi la solitudine, lo smarrimento, il distanziamento, la malattia, non possiamo non fare nostre le parole che Padre Felice, il responsabile del lazzaretto, pronunciò nel 1630 ai guariti di peste che stavano per lasciare l’ospedale: “La vita è un dono di Dio che impieghiamo nelle opere che si possono offrire a Lui. La memoria dei nostri patimenti ci renda compassionevoli e soccorrevoli ai nostri prossimi. Cominciamo da questo viaggio, da’ primi passi che siam per fare, una vita tutta di carità. Quelli che sono tornati nell’antico vigore, diano un braccio fraterno ai fiacchi; giovani, sostenete i vecchi; voi che siete rimasti senza figlioli, vedete, intorno a voi, quanti figliuoli rimasti senza padre! Siatelo per loro! E questa carità, ricoprendo i vostri peccati, raddolcirà anche i vostri dolori”.