La questione

Il Trentennale di don Francesco Ricci

14 Giugno 2021
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«Francesco Ricci era un uomo con il gusto dell’avventura, di misurarsi con qualcosa di nuovo e ci testimonia un cristianesimo che si fa passione, scoperta, cultura». Così il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, intervenuto nell’Arena San Domenico a Forlì all’incontro “Il primo e più grande compagno di cammino”, ha ricordato nel trentesimo anniversario della morte il sacerdote forlivese che è stato educatore, missionario, comunicatore, editore, ha viaggiato in molti Paesi, suscitato comunità in tutto il mondo, ed era ricordato, anche per la sua altezza, come “Don chilometro”. «Quando Papa Francesco – ha continuato il card. Zuppi – ci chiede di essere in uscita non dobbiamo avere paura dell’incontro. Qualche volta, invece, ci chiudiamo per paura perché, ovviamente, non conosciamo che cosa ci aspetta. Ricci ha trasformato ogni suo incontro in occasione, facendo entrare pezzi di mondo nella vita concreta, così ha insegnato a tanti, e lo fa ancora oggi, a capire se stessi e pure noi siamo chiamati a misurarci con la sua proposta nella cultura dell’incontro». L’evento pubblico, organizzato dal Centro culturale Don Francesco Ricci e da Comunione e Liberazione Forlì, in collaborazione con la Diocesi di Forlì-Bertinoro e con il patrocinio del Comune, è stato introdotto e moderato dal giornalista Alessandro Rondoni, allievo e collaboratore di Ricci e, fra l’altro, attualmente direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali Ceer e dell’Arcidiocesi di Bologna. All’incontro, svoltosi martedì 8 giugno nel rispetto delle norme di sicurezza anticovid, è intervenuto Roberto Fontolan, responsabile del Centro internazionale di Comunione e Liberazione, giornalista con lunga esperienza in varie testate nazionali e già vicedirettore del TG1, che di Ricci, definito il “ministro degli Esteri di Cl”, ha ricordato «l’umiltà nel seguire le orme tracciate da don Giussani ma con tutta la sua originalità. Era il compagno che viaggiava, l’uomo colto che con la sola sua presenza in noi giovani di allora apriva l’universo, spalancava le finestre del mondo. Non era solo quello che ha la valigia pronta, ma il missionario per cui laChiesa è costruire la comunione fra la gente». Ha spiegato che le comunità di Cl sono oggi presenti in circa novanta Paesi nel mondo, in alcuni casi, come in America Latina, sono realtà numerose e strutturate, altrove, per esempio in Asia,si tratta di piccoli gruppi. E ricordando il Ricci comunicatore ha detto: «In quell’epoca in cui la carta aveva peso, nella sua grande creatività c’era anche lo spazio per i giornali. Ha fondato “Cseo documentazione”, “Il Nuovo Areopago”,in America Latina ha rimesso in sesto le riviste “Nexo”, “Esquiù”, attraverso i libri della sua casa editrice ha diffuso una conoscenza. Credeva moltissimo in questo, al di là delle leggi di mercato. La comunicazione faceva parte della vita, non era un’aggiunta». E il card. Zuppi ha poi precisato: «Comunicare non è un problema di tecnica ma di vita. In un mondo che omologa tutto, ma in cui c’è tanta sofferenza, incertezza, vulnerabilità, dobbiamo saper comunicare ciò che viviamo». Alla domanda di Rondoni sulla cultura dell’incontro che caratterizzavaRicci anche nei suoi testi, l’Arcivescovo di Bologna ha risposto: «Mi ha colpito leggere quanto don Francesco ha scritto sul rapporto fra cristianità e islam. In questo caso, per la prima volta, la cristianità non ha saputo essere l’ethos dell’incontro e del dialogo e quel mancato dialogo non ha permesso all’Europa di essere se stessa. Ha ragione: la via del dialogo non è accessoria, è fondamentale e non è mai contro l’identità. Abbiamo perso le radici dell’Europa cristiana proprio perché non abbiamo saputo dialogare». E di Ricci ha ancora detto: «Una vita la sua in cui lui non si è mai fermato ad aspettare, è sempre andato per accendere speranza. E in questo mondo in cui c’è una grande domanda di futuro noi dobbiamo essere lottatori di speranza». Rondoni, introducendo l’incontro, ha sottolineato: «Siamo qui non a ricordare un passato ma, come ha fatto donFrancesco con noi a Forlì e in tutto il mondo, a vivere un nuovo inizio perché lui, tornando da viaggi e incontri, diceva sempre che è bello cominciare. Suscitava così inizi di comunità e lì c’era già tutto. Non vogliamo un’operazione nostalgia ma vedere quella novità oggi, e come Ricci ci ha insegnato a seguire Wojtyla, ilPapa, la Chiesa, così ancora siamo nella stessa posizione a seguire papaFrancesco e il cammino della Chiesa di oggi che ha portato il card. Zuppi a Bologna. È la contemporaneità di un avvenimento, di un cammino che continua.

Questa pandemia ci ha fatto scoprire tante fragilità e anche paure, molti cercano un ritorno alla normalità, invece non dobbiamo sprecare questo tempo, ma cambiare, essere migliori, non uguali a prima. Si tratta non solo di ripartire ma di rinascere. Nel trentennale di don Ricci continuiamo quindi a vivere e a cercare un cambiamento della nostra vita, a fare comunità con tutti».
È stato proiettato pure il docufilm, a cura dell’attore e regista Franco Palmieri, che ha presentato frammenti della vita di don Francesco dai primi anni, con le gite in Campagna, ai viaggi, all’incontro con Karol Wojtyla divenuto poi papa Giovanni Paolo II, alla missione.
Hanno portato il loro saluto anche il vescovo di Forlì-Bertinoro, mons. Livio Corazza, e il sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini. Il Vescovo ha messo in evidenza l’opera educativa di Ricci, «un prete che andava dove c’era bisogno, una presenza costante con i giovani, che ha esplicitato in maniera evidente la forza culturale della fede. Una delle figure più significative della Chiesa locale». Il Sindaco ha riferito il ricordo personale della vicinanza di Ricci alla sua famiglia in occasione della morte del marito di una cugina, e riandando agli anni del liceo, alle turbolente assemblee studentesche, ha parlato dei «ragazzi formati da don Ricci, in grado di portare il loro pensiero sempre e comunque sfidando qualsiasi avversità. È stato un grandissimo educatore e ancora adesso abbiamo tutti i frutti del suo percorso e della sua presenza nella nostra città. Me ne hanno parlato come l’erede di don Pippo, il giornalista che ha salvato “il Momento” che poi Rondoni ha diretto con grande maestria per tanti anni. In un tempo come questo, persone come Ricci, Annalena Tonelli, sono esempi positivi che possiamo portare ai nostri giovani». Duecento i presenti ammessi all’Arena San Domenico fra cui il presidente della Provincia e sindaco di Bertinoro, Gabriele Fratto, l’assessore alla Cultura di Forlì, Valerio Melandri, il generale Antonio De Vita, i consiglieri della Fondazione Carisp, Maria Grazia Silvestrini e Davide Salaroli, l’abate di San Mercuriale, don Enrico Casadio, Giorgio Calderoni, già candidato sindaco alle ultime elezioni, don Enzo Zannoni, assistente ecclesiastico della Fraternità di Cl, il suo responsabile diocesano, Valerio Girani, ed Enrico Locatelli, presidente del Centro culturale Don Francesco Ricci. L’evento, cui anche l’emittente televisiva locale Teleromagna ha dedicato un servizio curato da Piergiorgio Valbonetti, è stato seguito pure da centinaia di persone collegate in diretta streaming sul canale Youtube del Centro culturale Don Francesco Ricci. Durante l’incontro è stato ricordato anche Nicola Zattoni, il forlivese morto due giorni prima di Sla a 37 anni. Ha affrontato la grave malattia con grande coraggio e speranza, i suoi familiari avevano conosciuto don Ricci e all’Arena San Domenico era presente il padre Piero. Al termine Locatelli ha presentato il nuovo sito internet del Centro culturale https://donfrancescoricci.it che raccoglie documenti, testi, video, audio e testimonianze da tutto il mondo. Per il trentennale il Centro culturale ha proposto anche, domenica 30 maggio, una messa in memoria, presieduta in Cattedrale da don Ambrogio Pisoni, dell’Università Cattolica di Milano. «La missione cristiana, di cui don Francesco è stato testimone fulgido e affascinante – ha affermato il sacerdote nell’omelia – non può essere qualcosa che si aggiunga alla quotidianità della vita, al mangiare, al bere, al lavorare, all’amare, al soffrire, al piangere, al sorridere. La vita è già complicata da sé. Cristo non è venuto a complicarcela ma a farci conoscere il segreto, conoscendo il quale possiamo vivere con noi stessi innanzitutto, il prossimo, e vivere il rapporto con la realtà tutta senza censurare alcunché, e godendo di una baldanza, di un’ingenuità, di una fecondità, di una forza, di una capacità di costruire incrollabile. Perché la missione cristiana è semplicemente lasciare che Cristo conquisti per sempre il nostro cuore. Se abbiamo il coraggio e l’umiltà di dire sì a Gesù giorno per giorno, questo dona una indomabilità, un ardore, un desiderio, una voglia di movimento, cioè lasciare che Cristo rimetta in movimento la vita continuamente, com’è stata la vita di don Francesco». E ha raccontato che pochi giorni prima della morte, «dopo aver salutato don Giussani che era andato a trovarlo, Ricci disse a una coppia di sposi che lo incontrarono poco dopo: “Se quel capo che è appena uscito (si riferiva a don Giussani) mi darà il permesso, appena esco di qui vado in Cina”. E sapeva benissimo quali erano le sue condizioni di salute. Ma quando sei innamorato di Cristo, nessuno, niente ti ferma nella vita». Al termine della messa ha portato il saluto pure il vescovo, mons. Corazza, che ha ricordato don Ricci insieme a don Pippo, Benedetta Bianchi Porro, Annalena Tonelli, madre Clelia Merloni, e ha aggiunto che «don Francesco era cresciuto alla scuola di don Pippo e ha aiutato tutti ad avere orizzonti aperti perché era un missionario e la sua azione si svolgeva nel mondo. Con i suoi testi, articoli, libri, viaggi e relazioni, alla luce del Vangelo, ci ha fatto vedere la forza culturale della fede nel momento presente».
Maria Depalma
Rivedi l’incontro sulla Pagina You Tube del Centro Culturale di Forlì


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