La questione

Una speranza per votare e per costruire insieme

20 Settembre 2021
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In tanti, in questi ultimi due anni, hanno provato a dar voce all’umanità ferita dal Covid, alle domande che la fragilità personale e sociale – riscoperta così improvvisamente – stava sollevando in ognuno. Allo stesso tempo cercando, in quel frangente drammatico più acuto, quanti potessero raccontare un nuovo inizio, piccolo o grande, e testimoniare che la drammaticità della vita, perché l’uomo non ne sia travolto, deve potersi misurare con una speranza, con qualcosa che muova la sua ragione e la sua passione insieme.

Oggi, come alla fine di una guerra, possiamo vedere che tanti stanno ritrovando il gusto del proprio lavoro, della propria impresa, la voglia di rischiare e di partecipare a una costruzione comune. Non si sarebbero registrati, per esempio, al di là delle condizioni favorevoli, i risultati sorprendenti e inattesi di quest’ultima stagione turistica se ognuno non avesse creduto nel valore del proprio impegno; così come, a livello nazionale, non sarebbe stato possibile per i partiti ‘arrendersi’ a un governo di larghe intese, sacrificando tanta parte del proprio potere.

Forse l’evidenza della fragilità umana che tutti abbiamo sperimentato, e che – certo – avremmo voluto risparmiarci, alla fine ha riportato al centro dell’attenzione il valore di sé come persona, con le domande di verità, di giustizia e di bellezza che ci definiscono, e non soltanto come parte di un sistema di consumo e di consenso. Così come ci ha mostrato il valore che siamo uno per l’altro, che il fare insieme restituisce moltiplicato; e che ovunque – al lavoro, in famiglia, a scuola, in politica – l’altro non è un nemico da combattere, ma una possibilità concreta di bene per sé.

Ma queste scoperte impreviste, questi guadagni inaspettati emersi durante la pandemia, questa ‘sorpresa di noi stessi’, non possono sottrarsi alla prova di ogni nuovo giorno. Solo così potremo scoprire se ciò che speriamo e ciò che desideriamo sia davvero la cosa più necessaria e la più vera, se serva davvero alla vita o sia solo una consolazione; se ciò in cui ci affaccendiamo riguardi solo il nostro interesse o possa diventare utile alla comunità cittadina.

E qui arriviamo alle prossime elezioni amministrative.

Pur sapendo che parte delle tante liste nasce per una tattica politica, non possiamo non apprezzare il gran numero di persone che hanno deciso di coinvolgersi direttamente, e come in città si respiri un’attenzione per il futuro che non si sentiva da tempo. Di questa ‘attenzione’ la politica non può non avvertire tutta la responsabilità, adesso e anche dopo il voto, quando si tratterà di scegliere tra il consenso immediato e la disponibilità a lavorare fattivamente anche con chi faccia parte dell’altro schieramento o dei corpi intermedi. Scelta obbligata, questa, se si vuole avviare a soluzione i problemi che anche a Rimini sono evidenti – dall’educazione al lavoro, dalla sicurezza alla mobilità, dall’inclusione sociale all’assistenza sanitaria – e ripensare un piano strategico per il futuro.

Come dopo una guerra, infatti, la politica, anche quella locale, ha bisogno delle nostre speranze, di persone che si mettano alla prova, che abbiano qualcosa cui tenere e da costruire insieme. Ha bisogno di ricordare che il lavoro e l’impegno quotidiano di noi cittadini è il suo banco di prova. E anche solo per essere efficace, non può non farsi interrogare e rimettere in discussione continuamente, favorendo e collaborando con chi contribuisce al bene comune.

E dunque ognuno vada a votare e lo faccia secondo ciò che lo impegna nella vita. La lealtà con se stessi, con le proprie domande, con il proprio desiderio di pienezza è già un contributo al bene di tutti e un criterio per affrontare anche la scadenza elettorale. E chieda – a chi tra i candidati crede ne sia in grado – di stimare questa rinnovata voglia di costruire insieme e di farne tesoro. Perché senza le speranze dei cittadini, l’unica speranza della politica è il potere.

Associazione culturale Il portico del vasaio


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