La fede nella prospettiva della lumen fidei
A cura di Giampaolo Cottini
Premesse.
• Viviamo un particolare “momento di grazia”, in cui Dio opera attraverso eventi eccezionali (la rinuncia di Benedetto XVI che manifesta la volontà di servire al meglio la chiesa, rinunciando anche al potere del pontificato, l’elezione di Papa Francesco che sta scompaginando modalità di vita ecclesiale ritenute intoccabili, il richiamo alla essenzialità della fede nel suo essere incontro storico e concreto con Gesù risorto e non con un sistema di convinzioni religiose o morali, la ripresa di responsabilità dinanzi alla vita che obbliga a rispondere alla domanda “come si fa a vivere?” e non alla questione che cosa dobbiamo fare per essere del movimento.
• La lettura dell’enciclica, programmatica della svolta di questo pontificato, è l’occasione per immedesimarci nel senso e nel contenuto dell’Anno della Fede, non nella maniera intellettualistica della semplice conoscenza migliore dei concetti espressi nel Catechismo, ma come immedesimazione nella vita di Gesù che è dentro una storia in cui Dio prepara il suo incontro che cambia uomini concreti, facendo riprendere il carattere storico di quella che Benedetto XVI aveva definito la storia di amore tra Dio e gli uomini. L’occasione è dunque il recupero del terzo quadro del trittico (dopo l’affondo sulla speranza e sulla carità) di cui la fede è il fondamento non solo culturale e razionale, ma la radice esistenziale e storica.
• Si tratta perciò di riscoprire il “carisma” del movimento come consonanza con quel modo di descrivere la fede come incontro e perciò come fonte di una “storia comune”, credendo che la storia che stiamo vivendo insieme in questi anni (per me quasi 50 anni, ma per ognuno un tempo significativo al di là della lunghezza e della durata) è il luogo della verifica della fede come luce che illumina la strada della vita perché indica la strada ed il sentiero sicuro per la felicità di ognuno di noi.
N.B. bisogna ritrovare la purezza dello sguardo che contempla l’inizio, senza voler ragionare in termini ideologico-mondani, senza contrapporre Benedetto a Francesco, perché nella diversità degli stili e dei temperamenti quella che emerge è la continuità non solo di un magistero ma di una tradizione unitaria della Chiesa da Cristo a noi oggi, ed anche la novità metodologica del richiamo di Carròn si iscrive nella volontà di essere fedeli al carisma del Movimento rimanendo dentro il grande flusso della vita della Chiesa che ci raggiunge attraverso la testimonianza di chi segue con verità la proposta. La bellezza di questo testo è che aiuta a superare anche difficoltà generazionali o accentuazioni diverse che potremmo porre, perché la fede non è questione di “diverse scuole di pensiero o di teologie particolari”, ma di riconoscimento di quella presenza di Dio che ci precede e non si potrà mai identificare con la semplice risposta alle domande esistenziali, pur legittime, che la nostra sensibilità ci invita a tener deste come “senso religioso”.
1. La fede come luce e non come Idea
La prima cosa che colpisce in quest’enciclica è l’approccio metodologico di taglio assolutamente esistenziale e storico: la fede, infatti, non è presentata come un insieme di dottrine o di contenuti intellettuali da credere, ma viene vista come luce che illumina ogni aspetto dell’esistenza. “Chi crede, vede, vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta” (n.1). Ogni uomo ha bisogno della luce per poter orientare il suo cammino nella realtà, per questo parlare della fede come luce significa andare alla ricerca di un lumen capace di gettare luce su tutti gli aspetti della vita, comprendendo tutte le luci parziali che illuminano singoli aspetti della realtà. L’esigenza di vedere è primaria e chiede l’oggettività della luce per distinguere tutto ciò che è: ma occorre una luce inestinguibile così forte da illuminare ogni cono d’ombra, e questa luce può venire solo da Dio che è più luminoso della divinità pagana del Sole. La luce non è perciò solo metafora poetica della conoscenza chiara e distinta delle cose o delle situazioni, ma è l’incontro con ciò che rende possibile un’esperienza vera senza sostituire la legittima ricerca dell’uomo ma illuminandola nei suoi passi. La luce è così memoria fondante di quanto abbiamo visto e prospettiva futura per scorgere il passo successivo, perciò la fede unifica nel presente la certezza del futuro a partire da quanto abbiamo già visto come luminosità della vita.
La fede quindi è una luce che fa grande e piena la vita, arricchendo la comprensione di tutta l’esistenza e strappando l’uomo dal buio non perché invita ad un “salto nel vuoto”, ma perché mostra ciò che c’è e su cui costruire una solidità e stabilità del passo dell’uomo. In questo senso il credere non si contrappone alla ricerca cui ogni uomo non può sottrarsi, ma è il faro che apre all’incontro con una luminosità impareggiabile che dà la sicurezza della luce sul futuro proiettando delle tracce precise per poter andare verso la verità della vita. Solo chi VEDE può camminare con sicurezza e cercare la felicità della vita non come apparenza ma come CERTEZZA.
2. La fede come storia dell’amore tra un io ed un tu affidabili che creano una relazione illuminante per la vita.
La fede non è un sistema di idee o di dottrine cui credere, ma è la compagnia che Dio crea nella Storia rivelandosi da Abramo sino alla persona di Cristo e alla Chiesa per noi oggi. “Se vogliamo capire cosa è la fede, dobbiamo raccontare il suo percorso” (n.8), perché la fede è “la risposta ad una Parola che interpella personalmente, ad un Tu che ci chiama per nome” (ivi). Essa è legata ad una chiamata ed è portatrice di una promessa (come per Abramo), ed ha carattere storico perché “vede” solo chi cammina dentro la risposta a quello che Dio chiede. Non si tratta di dimostrare delle verità teoriche, ma di fidarsi in una sequela: la fede di Abramo è un gesto di memoria di quanto ricevuto che apra al futuro di ciò che è chiesto da Dio come passo da compiere. Perciò la fede è questione di affidamento nelle mani di un interlocutore affidabile: come diceva Sant’Agostino “L’uomo fedele è colui che crede a Dio che promette; il Dio fedele è colui che concede ciò che ha promesso all’uomo”(n.10). La fede quindi è innestata in una storia precisa in cui Dio è riconosciuto come presenza affidabile e partner dell’Alleanza perché egli è il Creatore di tutto, e perciò la stessa luce da cui tutto proviene, da cui tutto è illuminato e trae la propria luminosità. Il Dio creatore è lo stesso che chiede nella storia di fidarsi di Lui, sino alla totale fiducia di Cristo verso il Padre. Che Dio sia luce e che la fede illumini è legato al racconto concreto della vita e al ricordo grato del compiersi delle promesse di Dio nella storia. Dio è luce perché non tradisce e la fede illumina perché spalanca la certezza luminosa del compiersi delle promesse.
Due corollari
a) Da ciò appare evidente che il contrario della fede non è l’agnosticismo o l’ateismo, ma l’idolatria, cioè l’affidamento a qualcosa che non è la fonte della luce e della certezza assoluta ma solo ingannevole interpretazione di fattori parziali della realtà. La fede è disponibilità a lasciarsi trasformare dall’amore di Dio, rinunciando alla molteplicità dei sentieri di certezze parziali per aderire alla certezza dell’unica strada. La fede cristiana è fede nell’Amore pieno di Dio che non tradisce e che sperimentiamo nella compiutezza della vita vissuta come luce e gioia.
b) La fede non è solo un guardare Gesù, ma è un guardare dal punto di vista di Gesù partecipando al suo sguardo sulla realtà: non solo credere che quanto dice è vero, ma anche credere a Gesù perché se ne accetta la testimonianza e credere in Gesù in quanto ci affidiamo totalmente alla sua persona.
3. La fede come evento ecclesiale che permane nella vita di un popolo
La luce portato dalla fede è legata al racconto concreto della vita, ricordo grato dei benefici di Dio e al compiersi progressivo delle sue promesse (n.12), e per questo riguarda l’intera storia del popolo in cui il rapporto tra Dio e l’uomo si svolge. La fede non è dunque la certezza irrazionale di qualcuno, ma è la ragion d’essere dell’identità stessa del popolo che segue la sua presenza. La fede non è perciò arbitraria interpretazione di verità astratte, ma è conservare l’apertura a quel dono originario che ci precede e che la storia del popolo è chiamata a custodire: credere significa affidarsi a un amore misericordioso che accoglie e perdona, e la fede consiste nella disponibilità a lasciarsi trasformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio e non dalle ideologie o dalle dottrine di turno. Quindi la fede non è un insieme di convinzioni, più o meno fondate o dimostrabili, ma è un seguire la presenza di Dio, come presenza affidabile che segna il cammino luminoso, ed ha una “forma ecclesiale” a testimonianza che ogni fedele è chiamato ad essere abitato da un Altro.
Perciò comprendere la fede si identifica nell’essere saldi sulla roccia di Dio che si identifica con la Verità mai riducibile a convinzione individualistica.
4. Il nesso fede-ragione: la conoscenza della verità come amore e testimonianza
Questo modo d’impostare le questioni permette anche di comprendere meglio il rapporto fede e ragione sotto il profilo non tanto di due forme di conoscenza, distinte e complementari, quanto di cogliere la fede come permanenza nella verità e certezza della solidità del rapporto amoroso con la Verità “Con il cuore si crede” (Rm10,10), afferma la Bibbia lasciando capire che la conoscenza è strettamente legata all’amore. La verità non è un concetto che delimita le cose, nè una definizione esauriente del nostro rapporto alla realtà, ma è la pienezza dell’amore che spiega il valore di ogni frammento dell’essere in rapporto al tutto. La prima conoscenza e l’amore, come modo relazionale di guardare il mondo che diventa conoscenza condivisa, visione comune che mette in relazione e non opera quel distacco incolmabile tra soggetto ed oggetto tipico della filosofia moderna e della Scienza sperimentale. La fede è insieme ascolto e visione: nasce dall’ascolto e perciò dipende dall’oggettività della voce che chiama e non può essere prodotta dal nostro spirito o dalla nostra immaginazione. Ma ciò non contrasta con l’incontro della verità come visione, resa possibile proprio dalla luce e più legata alla tradizione del pensiero greco che parla del logos come oggetto della visione intellettuale. Nell’esperienza concreta l’uomo è chiamato ad ascoltare e a rispondere a qualcosa che vede, perché il desiderio della visione della totalità e non solo dei frammenti della storia rimane il desiderio fondamentale dell’io, che vuole insieme vedere ed ascoltare per poter amare la Verità di quanto visto ed udito. Contro la riduzione soggettivistica della verità, trasformata nel relativistico punto di vista soggettivo della propria opinione o della propria percezione parziale, la fede propone la verità come relazione con una Presenza che si rende ascoltabile nella proposta di una sequela obbediente e visibile nella storia di eventi e segni della compagnia di Dio.
La fede è ascolto e visione, come nell’esperienza di conversione di Agostino (cfr.n.33), poiché la luce è luce di una parola, che illuminando chiama a riflettere sulla Parola ascoltata. È interessante osservare come la fede si comunica nella forma del contatto da persona a persona: poiché la fede viene trasmessa di generazione in generazione, nasce essenzialmente sempre da incontri che illuminano il nostro cammino rendendolo comprensibile anche con parole che lo spiegano. La fede la incontriamo con una luce che c’è testimoniata da una persona, al punto che scopriamo quanto la conoscenza di noi stessi è possibile solo quando partecipiamo alla memoria viva della testimonianza di altri. E’ impossibile credere da soli perché la fede è sempre risposta ad un invito, che ci viene da una comunione più grande: ecco perché chi crede non è mai solo, e perché la fede si trasmette attraverso i sacramenti, soprattutto attraverso il battesimo Colui che confessa la fede si vede coinvolto nella verità che confessa, espressa dalla Chiesa attraverso il Credo, che è la pienezza della confessione della fede, la celebrazione dei sacramenti, l’obbedienza ai comandamenti, la preghiera. La fede nasce dunque sempre dall’incontro con un testimone si è mostrato convincente ed illuminante.
5. La fede bene con cui Dio prepara una città per gli uomini
L’ultima parte del enciclica è dedicato al fatto che la fede deve essere giocata nella storia come luce in grado di valorizzare la ricchezza delle relazioni umane, di costruire un modello affidabile di vita sociale, di essere fattore di bene comune. “la fede illumina anche i rapporti tra gli uomini, perché nasce dall’amore e segue la dinamica dell’amore di Dio. Il Dio affidabile dona agli uomini una città affidabile” (n.50). Senza un amore affidabile nulla potrebbe essere veramente capace di tenere uniti gli uomini, per cui la fede è un bene per tutti, un bene comune che costruisce una vita migliore a partire anzitutto dalla famiglia. La fede è una luce per la vita della società, al cui centro c’è l’amore di Dio e la sua cura concreta per ogni persona. Solo nella fede è possibile la capacità del perdono tra gli uomini, come fonte di una pacifica convivenza, poiché “come esperienza della paternità di Dio e della misericordia di Dio, si dilata poi in cammino fraterno” (n.53). La fede ha una forte valenza sociale e culturale che siamo chiamati riscoprire soprattutto sotto il profilo del rapporto tra la fede e la gioia. Ritorna così grande insegnamento di Giovanni Paolo II secondo cui una fede che non diventi cultura, trasformando anche rapporti umani, non è una fede matura, sufficientemente pensata, capace di dare pienezza all’esistenza umana. La fede è fatta per cambiare la città degli uomini.
CONCLUSIONI
Sintetizzando, la fede è incontro con una luce reale che illumina l’esistenza, non come risposta ideologica a problemi teorici, né come semplice adesione morale a contenuti di ordine pratico. La fede proprio perché nasce dalla luce non è il prodotto di nostre convinzioni ragionevoli o di spiegazioni che tentiamo di dare all’esistenza: è piuttosto la strada segnata per poter giungere alla meta dell’esistenza con sicurezza di cammino ed affidabile passo. La fede è il legame umanamente significativo di una comunità, di un popolo che è la Chiesa, che impara camminare nell’esistenza con la libertà del sentirsi appartenente a Qualcuno di più grande. Perciò la fede è innanzitutto appartenenza, voluta scelta e riconosciuta attraverso dei segnali che sono gli eventi della storia della salvezza che da Abramo a Gesù giunge fino a noi. Così non esiste una chiesa di Francesco ed una chiesa di Benedetto, ma esiste una storia della Chiesa che giunge sino all’oggi secondo un piano provvidenziale. Anche questa enciclica esprime la profonda unità del popolo di Dio attraverso la diversa personalità dei vari pontefici, che giunge fino a noi anche attraverso la ricchezza dei carismi vivi e riconosciuti, di cui i movimenti rappresentano una di quelle luci che illuminano la strada per la nostra felicità.