Campobasso: Un dramma avvolto di splendori

Inaugurazione mostra itinerante


Il Centro Culturale di Campobasso è stato tra gli organizzatori della mostra “Un dramma avvolto di splendori. Uomini e donne al lavoro nella pittura di Jean François Millet”.
La mostra è stata realizzata in occasione della manifestazione “Meeting per l’amicizia fra i popoli”, anno 2014, ed è una antologia dei quadri di Millet, composta da 34 pannelli, dedicati al lavoro e riuniti in quattro sezioni. Nella prima sezione si esprime il lato umano del lavoro. Sono raccolti dipinti del lavoro che sottolineano la quotidiana fatica dell’uomo. Nella seconda sezione troviamo dipinti in cui il lavoro è percepito come un dramma avvolto di splendore. Nella terza sezione si vuole sottolineare un tema caro alla pittura di Millet che ha dedica-to tanti dei suoi dipinti alle donne osservate mentre lavorano nei campi o in casa. In parti-colare qui sono raccolte opere dedicate al la-voro delle madri. In queste donne che si pren-dono cura dei loro bambini e della loro casa si svela la dimensione ultima del lavoro, che non è una merce, ma una carità feconda. Nella quarta sezione sono messi a confronto dipinti di Millet con l’originale interpretazione che di essi diede Van Gogh.

In Francia, in epoca moderna, si sono giocate in anticipo partite che altrove sono accadute più tardi, si sono viste e sentite cose, si sono poste problematiche che, in altre parti del mondo occidentale, si sono rese evidenti con un certo ritardo.
Così nella cultura francese tra il 1800 e il 1900 è possibile cogliere il presentimento profetico del dramma del disamore al lavoro. La crisi economica che oggi stiamo vivendo fa emergere un problema culturale più vasto e questo ci impone di ripensare al significato della nostra esistenza ed al senso del lavoro. Infatti, la nostra civiltà è debitrice al cristianesimo di una concezione nuova del lavoro.
Nel mondo antico il lavoro manuale era l’attività degli schiavi, con il cristianesimo esso diviene la creativa espressione dell’uomo libero. Questa dignità di ogni lavoro, anche quello più umile, ha reso grande la nostra civiltà.
Péguy, scrittore e poeta francese (1873-1914), vedeva nella Francia del suo tem-po il progressivo venir meno di questo senso del lavoro: se ne accorgeva per la progressiva perdita di letizia che avvertiva nei luoghi di lavoro segnati ormai dalla recriminazione e dalla violenza. Il lavoro, avvertiva Péguy, sta diventando una condanna, una servitù: a tal punto che uno non si realizza più lavorando, non trova soddisfazione allo svolgere bene il suo compito.
… Un tempo, gli operai non erano servi, lavoravano, coltivavano un onore assolu-to come si addice ad un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non doveva essere ben fatta per il padrone né per gli intenditori, né per i clienti del padrone, doveva essere ben fatta di per sé, nella sua stessa natura. Una tra-dizione venuta, risalita dal profondo della razza, una storia, un assoluto, un onore esigevano che quella gamba di sedia fosse ben fatta.
… Ogni cosa, dal risveglio, era un ritmo, un rito e una cerimonia. Ogni fatto era un avvenimento. … Tutto era un levarsi interiore. Tutto diventava una preghiera.

In questo contesto, un artista francese Jean francois Millet aveva fatto del lavoro il tema prediletto della sua pittura; nei suoi dipinti esplode la sua simpatia profonda per la quotidiana fatica degli uomini.
Millet è particolarmente colpito dal lavoro dei campi, di quello che egli chiamerà “il grido della terra”: contadini, pastori, taglialegna sono i suoi eroi, gli umili protagonisti della storia da lui raccontata. Millet è un uomo che da quel mondo contadino veniva e al quel mondo era voluto tornare, abbandonando la città per il piccolo villaggio di Barbizon.



Data

Martedì 12 Maggio 2015 ore 12:00

Luogo

Circolo Sannitico, piazza Pepe Gabriele 30, Campobasso