La mattina dopo è tutto. È il momento decisivo nel quale si può decidere se ripartire o naufragare. La scelta determina, nel bene o nel male, il futuro di chi la compie. Il nuovo libro di Mario Calabresi si intitola propria così, La mattina dopo, e indaga quel momento cruciale di fronte al quale tantissime persone si sono trovate nel corso della vita. Giornalista e scrittore, direttore prima a La Stampa e poi a Repubblica, Calabresi è una delle penne più conosciute del nostro paese e ha presentato il suo ultimo libro venerdì 27 settembre a Bologna, all’interno del Festival Francescano. La serata, organizzato in collaborazione con l’Associazione culturale Incontri Esistenziali, si è svolta nella Cappella Farnese di Palazzo D’Accursio, colma in ogni ordine di posto.
Il racconto di Calabresi si è intrecciato con le domande incalzanti di Francesco Bernardi, presidente dell’associazione, dando vita ad un dialogo serrato, denso, entusiasmante, intervallato da brani musicali e immagini direttamente tratti dal libro.
La mattina dopo dell’autore è, in realtà, nota a tutti: di punto in bianco nel febbraio 2019 il suo editore lo ha licenziato. Da un giorno all’altro non era più direttore di una testata nazionale. Nel giro di una notte il telefono ha smesso di squillare, l’agenda ha cessato di essere impegnata, la sua vita ha dovuto fare i conti con un ritmo «lento», come l’ha definito, dopo che per anni la velocità del quotidiano aveva dettato le giornate. «Uno si aspetterebbe di aver un po’ di preavviso – ha confessato davanti ai presenti -. ma non è andata così, a dir la verità non ci sono stati grandi retroscena». Ma l’aspetto da sottolineare è che «non mi è mai interessata l’idea di un giorno dopo dove vai in giro a lamentarti o a far finta che tutto vada benissimo. Io ho avuto due giorni dopo nella mia vita. Il primo (l’omicidio del padre, Luigi Calabresi) più importante del secondo (la rottura con Repubblica). Perciò mi interessava capire come le persone reagiscono nel loro giorno dopo». Così nel libro si susseguono una decina di storie, molto diverse tra di loro, che trovano un punto di sintesi davanti ad una domanda di fondo: come ripartire?
Alcuni parenti (i nonni, la madre…), qualche collega, altri perfettamente sconosciuti. La scelta delle storie non va sottovalutata perché testimonia una riflessione mirata da parte di Calabresi: «Inizialmente nel libro c’erano dei personaggi noti ma li ho tolti tutti perché nessuno si identifica con le persone ricche e famose. Per cui ho deciso di raccontare storie di gente comune, storie che a tutti noi possono dire qualcosa». Ma poi aggiunge: «Tuttavia non sono storie sempre a lieto fine, ciò che mi interessa è il percorso compiuto da queste persone. Credo che dobbiamo uscire da una dittatura delle cose che funzionano. Non esistono solo storie vincenti, e non potevo raccontare solo queste perché altrimenti uno nelle difficoltà si sente solo».
Addentrandosi nel libro ci si accorge bene presto che le “mattine dopo” possono essere di due tipi: quando le conseguenze dipendono da un tuo errore o no. Che differenza c’è? «Nel caso di un tuo errore provi rabbia verso te stesso – continua Calabresi -. Nel caso di un incidente sei sgomento, fatichi a fartene una ragione. Il filo rosso che ho trovato più convincente di tutti è quello di Daniela. Lei, mentre si preparava per i campionati di canottaggio, tornando a casa dall’allenamento ha fatto un incidente in moto e ha perso l’uso delle gambe. Incontrandola, è lei che mi ha detto la cosa più forte: “Prima riesci a fare pace con quello che è accaduto e prima riesci a ricominciare a vivere. Tutte le mattine in cui rimpiango quello che avevo, sono giornate di disperazione. Altri giorni mi sforzo e penso a quello che ho ancora. Faccio un esercizio faticoso di legarmi a quello che posso avere dalla vita, evitando la tentazione di girarmi indietro”. Il giorno dopo è un percorso che dobbiamo fare e in cui dobbiamo metterci in gioco. Infatti Daniela mi diceva: solo la fatica mi salverà. Non a caso la copertina del libro è un’onda entro cui ti devi tuffare di testa».
La protagonista invisibile di tutto il libro è proprio questa capacità: la resilienza, l’attitudine di certi materiali (ma anche di certe persone) a riprendere la forma originale a seguito di un trauma. Un esempio su tutti? «Mia madre, rimasta vedova due volte di cui la prima a 23 anni», l’emblema di una donna piena di resilienza.
dall’ Ufficio stampa dell’Associazione “Incontri esistenziali”