Nel decimo anniversario della morte di Mons. Padovese, il Centro Culturale Luigi Padovese ha organizzato l’incontro “CINA, QUALE FUTURO PER LA CHIESA CATTOLICA” che si è svolto il 18 gennaio 2020 con la presenza di Don Carlo D’Imporzano, fondatore de la Fondazione Monserrate (riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri italiano), che realizza progetti sociali, sanitari, educativi e di alta formazione in Europa, Asia e America Latina. Per Monserrate è Chief Representative in Cina, dove risiede dal 2003.
Si firma la Storia: un passo di pace tra Cina e Vaticano. E’ il 22 settembre 2018 e si firma l’ accordo che «tratta della nomina dei Vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale». Con l’auspicio condiviso che «tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del Popolo cinese e alla pace nel mondo» (dal comunicato stampa)
Una questione essenziale e cruciale per la vita della Chiesa in Cina perché rende possibile per tutti i Vescovi cinesi l’ essere in comunione con il Papa, e per milioni di fedeli cattolici far parte di un’unica comunità.
Con questo atto, infatti, le parti hanno concordato il metodo di una soluzione condivisa: la Santa Sede accetta che il processo di designazione dei candidati all’episcopato avvenga dal basso, dai rappresentanti della diocesi anche con il coinvolgimento dell’Associazione Patriottica, mentre il governo cinese da parte sua accetta che la decisione finale, con l’ultima parola sulla nomina, spetti al Pontefice e che la lettera di nomina dei vescovi sia rilasciata dal Papa stesso. L’accordo definisce anche i termini della legittimazione canonica di quei vescovi che erano stati ordinati senza l’approvazione del Papa, e quindi scomunicati; da adesso tutti i Vescovi cinesi sono e saranno in comunione con il Vescovo di Roma. Toccante, a tal proposito, la proiezione del video-messaggio, trasmesso durante l’incontro, in cui Papa Francesco si commuove accogliendo due Vescovi cinesi presenti ufficialmente per la prima volta al Sinodo.
Di fatto, con quest’intesa, la Repubblica Popolare Cinese riconosce il ruolo del Pontefice come guida spirituale e gerarchica della Chiesa. Una svolta epocale per la Cina, il cui capo al potere – imperatore o presidente – ha sempre preteso di gestire anche la dimensione religiosa della persona.
La Chiesa cattolica viene dunque riconosciuta dallo Stato cinese. E l’essere riconosciuta significa non essere più considerata illegale.
Gli obiettivi che hanno mosso la Santa Sede nel trattare le delicate vicende del cattolicesimo in Cina hanno risposto a logiche prettamente pastorali: creare le condizioni per ristabilire l’unità della Chiesa, e aiutare a migliorare la condizione dei cattolici cinesi nel contesto politico e sociale in cui si trovano per vivere ed esprimere pubblicamente il legame di comunione con la Chiesa di Roma.
Già, l’unità della Chiesa … come ha precisato il Cardinale Parolin, firmatario dell’Accordo, ora ci sono ci sono due comunità, una che ha la sua storia nella chiesa ufficiale e un’altra legata alla chiesa sotterranea, ma le due comunità, con le loro diverse sensibilità, appartengono adesso ad un’unica Chiesa.
Problemi che si aprono:
Lo Stato cinese tende a regolamentare tutto, quindi vorrebbe regolamentare anche ciò che riguarda le religioni, o meglio, i gruppi religiosi. Ma … si intende regolamentare anche la dottrina (come vorrebbe lo Stato ) o le attività dei gruppi religiosi (come vorrebbe la Chiesa)?
Nonostante l’esperienza cristiana sia uguale in tutti i paesi, è pur vero che la si può esprimere in modi diversi in base alle varie culture e tradizioni. Ciò vale anche per la Chiesa in Cina.
Ma la Cina tende in genere a fagocitare ciò che è straniero, e attualmente c’è il tentativo di riportare la mentalità del partito dentro la Chiesa (“sinizzazione” della Chiesa). La questione, allora, si pone a livello culturale. Ma è proprio qui il problema: in Cina, come del resto anche in Europa, c’è una fragilità culturale impressionante relativa alle convinzioni religiose. Per questo motivo è iniziato un progetto di elaborazione di un “catechismo alla cinese” per riprendere una coscienza di fede molto più profonda e molto più vera.
Un accordo importante, quindi .
“Per la Chiesa in Cina, ciò significa la possibilità di annunciare con maggiore libertà il Vangelo di Cristo e di farlo in una cornice sociale, culturale e politica di maggiore fiducia.” (Card. Parolin, Segretario di Stato Vaticano)