La questione

Come annunciare il Vangelo agli uomini di oggi?

12 Aprile 2024
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Incontro con S.E.R. MONS. ROBERTO REPOLE, Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa, docente di Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale

L’evento, organizzato nell’ambito del ciclo “DA DOVE RIPARTIRE – Un cammino insieme, mossi da una Speranza”, ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso, interessato e attento. Il dialogo è stato arricchito dal contributo di un gruppo di giovani che hanno preso parte attivamente alla preparazione dell’incontro. Mons. Repole ha affrontato un tema di grande attualità: la sfida di annunciare il Vangelo in un contesto culturale segnato dalla secolarizzazione, dagli effetti della globalizzazione e dal pluralismo religioso.

Partendo dalla constatazione della fine della cristianità, intesa come coincidenza tra appartenenza civile e religiosa, Mons. Repole ci ha invitato a diventarne veramente consapevoli, perché noi ancora operiamo – a partire dalle parrocchie e dai percorsi educativi previsti – sulla base dell’implicita convinzione di vivere in una società “normalmente cristiana”, con il grave rischio di investire tante risorse in attività pastorali che sembrano non portare frutto. Ma, se non si prende in seria considerazione che cosa sta avvenendo, c’è il rischio di confondere la missione con una propaganda sterile.

La fine della cristianità è da leggersi all’interno di una cultura che pone delle sfide Da una parte, la cultura di oggi tende al nichilismo: rimarca un evidente sospetto rispetto ad ogni verità unica e valida per tutti. Dall’altra, è segnata dalla secolarizzazione, sia perché ieri era normale credere mentre oggi diventa una scelta, sia perché alcune dimensioni della società, quali la politica e soprattutto l’economia, ritengono di avere il loro fondamento in se stesse, non in qualcosa di esterno e superiore ad esse.
In tutto questo c’è una grande occasione: si percepisce la propria libertà e possibilità di scelta in modo più maturo, perciò si può dialogare con persone libere e consapevoli, capaci di fare scelte autentiche. Mons. Repole ha ricordato l’importanza di essere una “chiesa in uscita“, che va incontro alle persone e dialoga con le diverse culture. In ogni momento, e soprattutto quando sono in atto mutamenti epocali, la Chiesa è chiamata a discernere il tempo che sta vivendo e quali siano le scelte da compiere. Per farlo, èspronata a guardare quel che accade soprattutto fuori da sé, in quel mondo in cui è immersa. Anche questa, oltre ad essere una sfida, è una grande opportunità, infatti affrontando ad esempio i nuovi temi antropologici, si viene stimolati ad approfondire le ragioni della propria fede e a coglierne nuove“profondità”. La comprensione della verità cresce a contatto con le epoche diverse. Perciò ogni epoca ci permette di cogliere sfumature del Vangelo che in altri tempi non avevamo colto e a coglierle possibilmente con sguardo intelligente. Proprio per questo, di fronte a queste sfide la Chiesa deve compiere un atto di discernimento su ciò che può essere in linea con il Vangelo oppure no.

Mons. Repole ha sottolineato che essere cristiani in un mondo che non lo è più significa innanzitutto accettare di essere una minoranza, ma è importante non diventare una minoranza insignificante. La preoccupazione non dovrebbe essere numerica, ma di autenticità. Se la fede viene vissuta con gioia e con il gusto di vivere il Vangelo, la sua attrattiva naturale sarà evidente e le persone saranno libere di accoglierla. Come si può, dunque, evitare di diventare una minoranza insignificante? Ritornando ad avere cura della nostra fede. Dobbiamo riscoprire il gusto di vivere il Vangelo, non in modo intellettuale, ma come una forza viva che trasforma la vita e permette di guardare al mondo con occhi nuovi. La fede è anche il rimanere con le nostre domande davanti a Dio. Non è una risposta preconfezionata a tutte le nostre inquietudini, ma un continuo confronto con il Mistero. La fede è dono. E’ dono prezioso che non va dato per scontato. È la gioia di aver ricevuto qualcosa di bello e di poterlo condividere con gli altri. I giovani, in particolare, hanno bisogno di vedere esempi concreti di persone che vivono la fede con entusiasmo e la considerano la cosa più bella della loro vita.

Per annunciare il Vangelo, servono luoghi in cui poter dire “Vieni e vedi”. Ma dove sono queste comunità? Oggi l’annuncio del Vangelo passa certamente da persona a persona, nei vari ambiti di vita. Tuttavia, il rischio è di essere percepiti come isolati, non inseriti in una comunità che condivide la stessa fede. Ecco perché è necessario ripensare le nostre comunità. Dobbiamo renderle luoghi in cui si percepisce una vera fraternità vissuta, in cui ci si accoglie e ci si sostiene a vicenda nel cammino di fede. I giovani, in particolare, devono sentirsi ospitati e accolti nelle comunità. Si deve dare loro spazio e voce, affinchè possano esprimere le proprie potenzialità e possano riscoprire un cammino alla ricerca di un senso alla propria vita. E l’oratorio, che può essere considerato la terra di confine tra la comunità cristiana e la società, è un luogo privilegiato, perché può diventare luogo di accoglienza – accoglienza graduale – delle persone che sono ancora alla ricerca.

Quindi, da dove ciascuno di noi potrebbe ripartire? Da una responsabilità personale nel custodire la fede, farla crescere, argomentandola e affrontando seriamente le domande che noi stessi ci facciamo. Un pubblico attento e partecipe ha accolto con molto interesse le parole di Mons. Repole, che con delicatezza e profondità ha spaziato su questioni di fede e di speranza per il futuro. La sua capacità di unire rigore teologico e concretezza pastorale ha catturato l’attenzione di tutti, dai più esperti (presenti tantissimi sacerdoti) ai meno avvezzi a questi temi.

Si può rivedere l’incontro del 5 aprile scorso sul Canale Youtube del Centro Culturale Luigi Padovese


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