Come la folgore sorge da Oriente è il libro scritto da Alexandre Siniakov e pubblicato dalla San Paolo. Nato nel Caucaso, vive i primi anni della sua vita nel sovkhoz di Novokumski. Allo squallore e alla povertà del villaggio fa da contrappunto il cielo della regione con «un’infinità di stelle, che però si possono distinguere perfettamente. Sembrano a portata di mano». «Queste stelle che Dio conta a una a una, e chiama per nome, non sono soltanto gli astri del firmamento; sono anche i deportati di Israele, sono tutti i poveri e tutti coloro che hanno il cuore spezzato: polveri di stelle che non valgono meno dei più maestosi corpi celesti». Siniakov si rivela un bimbo precoce e curioso: ha una facilità estrema ad apprendere le lingue e un gusto per la lettura. Legge tutto ciò che gli capita tra le mani; non è molto perché nella scuola del regime sovietico l’ordine è ridotto «all’ordinario e l’universale alla conformità». Tuttavia «scoprendo la letteratura, entravo in religione», perché, afferma Siniakov, «è il genio umano che mi ha introdotto alla magnificenza divina». La letteratura lo porta ai vertici dell’esperienza umana, laddove le domande vengono avvertite in modo acuto; a questo punto, l’ancor bambino Siniakov chiede insistentemente ai genitori di procurargli un Vangelo, che viene trovato a fatica. E, leggendolo, avviene l’incontro decisivo della sua vita, che determinerà la sua vocazione di monaco: «All’inizio della mia vita cristiana, non mi sono fatto né ortodosso né vecchio credente, né cattolico, ma ho semplicemente incontrato Gesù Cristo, l’ho amato e l’ho riconosciuto come Figlio di Dio, prima ancora di entrare a far parte … di una comunità che mi ha voluto bene». Ora Siniakov è membro della rappresentanza della Chiesa ortodossa russa a Bruxelles e dirige un seminario ortodosso nei dintorni di Parigi: «Machiavelli, osservano gli uomini, aveva capito che li si poteva governare col farsi temere o col farsi amare; diceva di preferire il primo metodo al secondo, perché molto più efficace. Il mio ministero di rettore in seminario, luogo di formazione di giovani pieni di ardore, di domande e di idee, mi ha portato, a mia volta, a farmi le stesso domande. La mia risposta è stata l’amicizia». La vastità del cielo caucasico e le difficoltà storiche vissute fanno dire a Siniakov che «l’amicizia … è il sentimento più cristico che ci possa essere. Non il matrimonio, non la famiglia, non la nazione, non la religione, ma l’amicizia. Essa è ciò che meglio si addice a un’umanità restaurata … La Chiesa quindi, in quanto germe di questo regno, non può non essere una comunità di amici». Affermazione bellissima che sconvolge un certo clericalismo, anche cattolico. (Flora Crescini)