L’avventura umana di Giovanni Testori raccontata da Giuseppe Frangi
Durante l’incontro presso l’Auditorium del Centro culturale Pertini, promosso dal Centro culturale Cara Beltà e dal Gruppo culturale del Decanato di Cinisello, Al Pozzo di Samaria il 17 Aprile scorso, il giornalista e scrittore Giuseppe Frangi, vicepresidente dell’Associazione Casa Testori, ha presentato un momento di approfondimento sulla figura e l’opera dello scrittore, pittore, critico d’arte, poeta, drammaturgo, attore Giovanni Testori, figura poliedrica controversa e anticonformista di cui quest’anno si celebra il centenario delle nascita.
Frangi ha ripercorso le tappe più significative della sua avventura umana, partendo dalla casa natale, affacciata sui binari quasi a testimoniare lo spirito nomade di Testori. “La mia natura è di non avere casa. Da un lato ho sempre sentito il bisogno di distruggere… eppure più procedevo in questa distruzione più mi radicavo nella mia famiglia, nella mia terra”, ha scritto di sé.
Per Testori la casa è un luogo centrale unitamente alla famiglia, da cui non si stacca mai e che lo accoglie e lo sostiene nelle sue scelte pur così diverse dallo spirito imprenditoriale del padre e dalla forte devozione cattolica della madre, figura a cui Testori era legatissimo. In occasione della sua morte scriverà “Conversazione con la morte”, che leggerà in pubblico raccontando l’esperienza per lui inedita di assistere a un trapasso vissuto nella pace.
Una svolta significativa nella sua vita arriva nel 1978. Sulle pagine del Corriere della Sera, per il rapimento di Aldo Moro scrive: “L’uomo e la sua società stanno morendo per eccesso di realtà ma di una realtà privata del suo senso, cioè di Dio”. Questo giudizio lo porta all’incontro con don Giussani, grazie ad alcuni universitari che leggono il suo articolo. Fu l’inizio di una grande amicizia.
Giussani celebrerà i funerali di Testori di cui dirà: “Eri dominato da una parola più grande di te: perdono. Questa parola ti ha salvato”. Una fede vissuta certamente in modo conflittuale e diverso dalla devozione serena della madre e delle sorelle ma che in lui è diventata certezza a cui affidarsi nella
letizia.
Flavia Donzelli, Cara Beltà
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