La questione

Riscopriamo la politica

Elezioni 2021

28 Settembre 2021
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Cari amici,
la progressiva uscita dalla pandemia da Covid-19, la più pesante crisi dal secondo dopoguerra, a sua volta preceduta da una lunga serie di altre crisi – per citarne alcune: 11 settembre, crisi finanziarie 2008-2011, incremento dei fenomeni migratori, guerra all’ISIS, ritorno dei Talebani in Afghanistan – sta portando, tra le altre conseguenze, a spinte innovatrici in svariati settori: transizione verde, ripensamento dei modelli di welfare, innovazione nell’educazione e negli ambienti di lavoro etc. L’impegno inaudito che l’UE ha deliberato per finanziare un gigantesco piano di rimessa a punto dei tanti aspetti delle politiche dei Paesi europei è un segno tangibile dell’urgenza con cui si sta cercando una transizione verso nuove modalità di affronto di tanti aspetti della vita dei cittadini europei. Al tempo stesso la pandemia ha in tanti casi aumentato divari fra regioni geografiche o fra fasce di popolazione e ha costretto tutti a riconsiderare convinzioni che sembravano acquisite per sempre. In questo mare turbolento e difficilmente decifrabile che l’umanità sta attraversando con tante aspettative sul futuro miste a preoccupazioni, in Italia si voterà per il rinnovamento del consiglio comunale in più di mille comuni, alcuni molto grandi (Roma, Milano, Torino…).
Anche Varese si sta approssimando a questa scadenza. Riandare a ciò che accadde 5 anni fa è significativo: oltre al fatto che per la prima volta la Città Giardino si diede come governo una compagine di centro-sinistra, fa pensare guardare ai numeri della partecipazione. Nel 2016 infatti andò a votare circa il 54% degli aventi diritto al primo turno e poco più del 50% al ballottaggio. Percentuali che non indicano certamente un interesse diffuso in città per la politica, neanche quando è così “prossima”. Le crisi e le difficoltà permanenti si accompagnano a un diffuso disinteresse o a una distanza fra cittadino e politica. E la politica ne fa le spese, venendo messa sul banco degli imputati, anche quando ha colpe limitate.
In questa situazione possiamo guardare a questo nuovo appuntamento con cinismo o disinteresse, o cercare di recuperare uno sguardo umano, per riscoprire ciò che di interessante e decisivo si gioca nelle vicende politiche. A partire da alcuni documenti che nascono dall’esperienza della Chiesa vi proponiamo, perciò, alcuni spunti di riflessione e domande aperte, come aiuto a reperire criteri adeguati anche alla scelta che si dovrà esercitare nel segreto della cabina.

1. La politica e l’uomo
Si può dimenticare la politica quando si cerchi di parlare dell’uomo? È ben nota la massima aristotelica, secondo cui “l’uomo è un animale politico”. Per il fatto stesso di vivere con altri, l’uomo non può non interessarsi della vita della pòlis, cioè di un orizzonte più ampio che non la stretta declinazione partitica o la tattica parlamentare. L’uomo infatti ama vivere in società, e desidera che la vita di questa società sia buona, cioè garantisca all’esistenza dei cittadini opportunità, servizi, sicurezza etc. nel riconoscimento del valore di ognuno. In quest’ottica, l’attività politica ha come scopo quello della ricerca del bene comune. La politica è perciò da un lato espressione del desiderio di bene dell’uomo, dall’altro è legata strettamente alla cultura, cioè alla visione della realtà di una società, che suggerisce modalità e criteri di intervento.

L’intervento di Don Giussani al congresso della DC lombarda del 1987 fissa in modo puntuale e provocante il legame fra politica, persona, cultura, società e potere.
L’attuale diffusa distanza dalla politica è allora esito di un processo dis-umano? Che cammino bisogna intraprendere per una ripresa? Quanto conta l’educazione in questo cammino?

2. L’impegno del cristiano nel mondo
Nell’arena del mondo i cristiani giocano una partita particolare: il cristiano, infatti, non risponde al richiamo che riceve dalla realtà per un desiderio di egemonia. Non è un progetto a dare forza e energia all’impegno, ma l’incontro con Chi dà gusto e significato alla vita, esperienza che suscita un nuovo sguardo sulla realtà tutta, a partire dai fratelli uomini che incontra nella normalità dell’esistenza. Si può arrivare a morire per questa possibilità di sguardo accogliente e valorizzatore di ogni persona, e 2000 anni di cristianesimo offrono numerosi esempi in questo senso. La difesa della persona passa innanzitutto dal riconoscimento del valore infinito dell’altro, in qualsiasi situazione e in qualunque momento della vita, e – dal punto di vista politico – dal sostegno a quelle realtà che operano in questo senso. La nota dell’ex Sant’Uffizio, purtroppo ridotta sempre unicamente al “nodo” dei valori non negoziabili, prende le mosse da un orizzonte ampio di promozione integrale della persona, declinato in tanti aspetti, e offre spunti di grande realismo rispetto a ciò che è concretamente possibile fare anche nelle condizioni in cui il politicamente corretto o le condizioni contingenti della battaglia politica spingano in altre direzioni.
Perché spesso la presenza dei cattolici nella società e in politica viene ridotta a una militanza interessata a temi esclusivamente etici? L’appartenenza alla Chiesa è fonte di giudizio solo per alcuni aspetti della realtà?

3. Nel pieno della crisi un richiamo imprevedibile
L’Italia vive una situazione di crisi dal crollo del muro di Berlino, e in particolare dal triennio 1992-94, anni nei quali i soggetti politici che hanno accompagnato la vita del nostro paese sono implosi per l’azione di una magistratura che nei fatti ha inciso pesantemente su quello che sarebbe stato il nuovo corso della politica nazionale. Negli stessi anni la discesa in campo di Silvio Berlusconi ha dato una casa a molti dei moderati che si erano trovati senza rappresentanza dopo la morte della DC e ha polarizzato, insieme a Romano Prodi, le vicende politico-parlamentari per quasi 15 anni. Gli anni successivi non hanno visto sorgere polarità così forti, ma sono stati contraddistinti da frammentazione e litigiosità continue, fattori che hanno spesso bloccato lo sviluppo del paese. Proprio nei momenti più drammatici delle inchieste di Tangentopoli, Giovanni Paolo II inviò una lettera accorata ai Vescovi italiani sul momento che il paese stava vivendo, per invitarli a essere in quei momenti così complicati delle guide per aiutare il popolo, e in particolare chi era impegnato direttamente in politica, a non dimenticare da un lato la millenaria tradizione culturale e religiosa italiana, essenziale per lo sviluppo dell’Europa intera, e dall’altro a non perdere la coscienza di essere uniti come popolo, anche oltre le divisioni storiche e partitiche. Questo proprio nel momento in cui la rappresentanza cattolica – in politica e non solo – si stava disgregando.
Quanto conta oggi la tradizione politica e culturale italiana, e che suggerimenti ci può dare? Che significato diamo alla parola unità? È ancora possibile sentirsi uniti al di là dello schieramento politico?

4. Per cosa impegnarsi?
Oggi, in un contesto di generale frammentazione e incertezza, risuonano forti le parole e soprattutto i gesti di Papa Francesco. Nel suo discorso a Cesena del 2018, il Papa richiama la piazza come luogo in cui armonizzare tutte le spinte che arrivano dalla società. Forse è proprio questo il punto cruciale di oggi: l’armonizzazione non avviene spontaneamente. Lo sviluppo sociale passa per una capacità di incontro, di dialogo reale e per la ricerca di ciò che tiene insieme più che della cosa “giusta” in termini astratti. Il lavoro del politico oggi si qualifica non solo per le idee che porta, ma anche e soprattutto per una capacità di costruzione comune che vediamo mancare in tante situazioni. È tanto vero questo che è dovuta arrivare la “riserva della Repubblica” Mario Draghi a tenere insieme i partiti in parlamento e a indicare risolutamente le cose da fare. Ma è chiaro che questo non può essere l’ideale di un paese democratico.
C’è ancora spazio per pensare a una attività politica che sia aperta all’incontro con l’altro, visto non per forza come un nemico? È possibile essere efficaci e collaborativi nell’amministrazione, soprattutto in ambito locale?

5. Entrare nel merito, costruendo
Il lavoro di incontro e dialogo deve essere non tanto e non solo sui principi generali, ma anche sulle urgenze concrete. In questo senso è interessante rilevare il metodo con cui la Diocesi di Milano ha sollecitato svariate associazioni, movimenti e realtà ecclesiali a dire la loro rispetto alle elezioni amministrative in un documento comune. Essere “dentro” le situazioni concrete, non necessariamente da politici “di professione”, cercando un giudizio condiviso su questioni particolari senza fermarsi alle dichiarazioni di principio, ma cercando punti comuni di azione e di prospettiva, è sempre più necessario.
Quali sono i punti importanti nella nostra realtà? Su quali elementi vorremmo ci fosse un interesse ampio e condiviso?

6. Fare politica: un amore fecondo.

Lo scopo della politica è di armonizzare le forze e le istanze presenti nella società e farle sviluppare, in vista di un bene che sia per tutti. È uno scopo che ha molto a che fare con il cuore dell’uomo e il suo desiderio di bene e che non può non includere anche tutta la ricchezza che i corpi intermedi portano alla società. Ci deve essere un reciproco scambio fra i corpi intermedi e chi si impegna nella politica. L’Amministrazione Pubblica non può sostituirsi a questa vita che dà vita a tutta la società, ma anzi deve in qualche modo servire questa dinamica, dandole riferimenti sicuri e strumenti certi, riconoscendone il valore e aiutandola dove possibile. La sussidiarietà è il modo attraverso cui tutte le istanze presenti nella società vengono accolte e valorizzate e diventano elementi di sviluppo per tutti, perché lo Stato non è onnipotente e, là dove pretendesse di esserlo, diventerebbe violento. La società, specialmente la nostra, così ricca di iniziative associative legate alle grandi tradizioni politiche, civili e sociali che hanno costruito il nostro paese e di forze imprenditoriali diffuse in modo così capillare, offre di continuo nuovi stimoli a politici e amministratori. La politica, osservandole e approfondendone la conoscenza, può imparare dalle persone e dalle realtà che costituiscono la società, e può aiutarle a svilupparsi, senza sostituirsi a loro. La politica così può imparare di nuovo quale sia la sua origine, cioè di essere un servizio che si rende alla società (cioè all’uomo) non per potere né per un progetto e nemmeno per una semplice passione personale. O meglio, per una passione che arriva fino al sacrificio, cioè per un amore, come sorprendentemente afferma Papa
Francesco nella Fratres omnes ai numeri 176-197. Politica e amore, dunque sono dimensioni da scoprire accostate. E come una madre si sacrifica per i figli, sperando per loro che crescano liberi, responsabili, felici, pur nell’impossibilità di predire il risultato del suo sforzo educativo, così il politico deve provare a essere una presenza generativa, che dai colleghi e dalle realtà presenti nella società si lascia correggere e generare a sua volta.
Fare politica trova così un orizzonte nuovo: non tanto misurarsi in base ai risultati, che a volte non sono possibili, ma donare la propria vita perché anche solo una persona sia aiutata a vivere meglio. È una fecondità capace di “avviare processi “i cui frutti saranno raccolti da altri, con la speranza riposta nella forza segreta del bene che si semina”.

Vista in questo modo, la politica è più nobile dell’apparire, del marketing, di varie forme di maquillage mediatico. Tutto ciò non semina altro che divisione, inimicizia e uno scetticismo desolante incapace di appellarsi a un progetto comune. Pensando al futuro, in certi giorni le domande devono essere: “A che scopo? Verso dove sto puntando realmente?”. Perché, dopo alcuni anni, riflettendo sul proprio passato, la domanda non sarà: “Quanti mi hanno approvato, quanti mi hanno votato, quanti hanno avuto un’immagine positiva di me?”. Le domande, forse dolorose, saranno: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?”(Enciclica Fratelli tutti, n° 197)

Gli amici del Centro Culturale Massimiliano Kolbe di Varese
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