La questione

Un mese intero, a Pesaro, in compagnia di Giovanni Testori

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Io, insieme ai miei amici del Centro Culturale, siamo stati invitati a partecipare, con nostro grande piacere e anche stupore, da Gilberto Santini (direttore Amat Marche) e Giuseppe Frangi (presidente Associazione Testori) ad un progetto straordinario.  Abbiamo realizzato due interessanti momenti (fra i dieci nel Festival Testori): un dialogo sul Testori giornalista con Marco Martinelli, Alessandro Gnocchi, Silvia Veroli  e la presentazione del volume I meridiani di Mondadori, dedicato allo scrittore milanese e curato da Giovanni Agosti. Entrambi gli eventi sono stati guidati da Giuseppe Frangi, con cui si è approfondita l’amicizia per lo sguardo che lo ha contraddistinto: grato, curioso e stupito e quindi desiderabile anche per me. Quello che però mi ha più colpito è stato assistere a due momenti teatrali, in anteprima tra l’altro, e alla BAT (Bottega Amletica Testoriana), una sorta di laboratorio teatrale con 8 giovani bravissimi attori sotto la sapiente e paterna guida del regista Antonio Latella. Non era uno spettacolo, ma un vero e proprio luogo di condivisione, dialogo e scuola che ti avvolgeva come un abbraccio, fatto di domande, profondità, umanità esposta e enorme desiderio di senso nella vita. In tutti questi momenti mi sono commossa e tutta la mia, lo ammetto,  ignoranza su Testori, è svanita.

Ho capito che, come recitava una delle giovani attrici, la frase regina dell’Amleto di Shakespeare Essere o non essere per Testori  diventa Perché sono  nato? Lui è certo di esserci, ma vuole, gridando a gran voce, sapere il perché! Impossibile non sentire i brividi, se poi queste parole hanno la voce, roca e potente, di ragazzi poco più che ventenni. Tutte le nostre maschere sono cadute lì ai nostri piedi insieme a questi giovani completamente immersi nello scandaloso cuore di Giovanni Testori. Sì, penso che sia scandalosa la sua sete di verità, il suo desiderio di amore che arrivano a parlare dell’amante e del suo corpo (nelle lettere), della morte e putrefazione (ne La morte ), di tradimento, rabbia e vendetta (nello Sdidorè). Ma continuo a pensare a quell’essere o non essere che Testori non ha mai citato nei suoi tre Amleti perché lui ha scelto la certezza drammatica del Tu,  a cui poter chiedere Perché mi hai creato, perché mi vuoi così osceno come sono?

E nel vedere tutto il mio moralismo penso all’abbraccio libero di don Giussani che, amando profondamente quest’uomo scomodo, disse al suo funerale: Caro Giovanniil perdono ti ha salvato nella vita. 

Marika Zurlo

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