Un viaggio al cuore dell’umano per il Centenario di Don Giussani
Gessate ha celebrato come meglio non si poteva il centenario della nascita di don Giussani: con la grande musica, quella di Mozart, Beethoven, Chopin. Nella chiesa parrocchiale tutta piena di gente attenta, forse stupita e – perché no? – commossa i tre brani eseguiti dai giovani eccellenti musicisti Nicolas Benzoni , Beatrice Baldissin (pianoforte) e Anna Prodi (violino), cresciuti nella gessatese scuola di musica Tinina Amadei; tre brani il cui ascolto è stato introdotto e guidato passo passo dal maestro Roberto Andreoni, compositore e docente di fama internazionale.
La serata dell’11 novembre ha premiato la coraggiosa iniziativa degli organizzatori, il Centro culturale San Mauro di Gessate insieme al “Don Renzo Fumagalli” di Cambiago, in collaborazione con la Comunità pastorale della Divina Misericordia, l’Associazione musicale Harmonia e la sua Scuola di Musica Tinina Amadei.
Attenzione però: non si è trattato di un “concerto in onore di”, con la musica al posto del mazzo di fiori o della targa commemorativa. Si è trattato invece della proposta di ascoltare la musica, di viverla, di farne esperienza avvicinandosi all’acuta sensibilità con cui don Giussani l’ascoltava, la viveva, ne faceva esperienza.
Il legame di Giussani con la grande musica è strettissimo; la musica ha nutrito, sin da quand’era piccolo, il suo struggente desiderio di bellezza e di felicità, il suo dialogo con il Mistero.
La famiglia Giussani di Desio era di condizione modesta, il papà lavorava il legno come ebanista, ma amava la musica e la domenica spesso faceva venire a casa dei suonatori che eseguivano pezzi di opere o di musica classica. Anche nel Seminario di Venegono la grande musica era valorizzata. E proprio lì, in prima liceo, durante la lezione di canto, Luigi Giussani fu trafitto dall’ascolto, da un 78 giri, di un brano del quarto atto della “Favorita” di Donizetti – Spirto gentil nei sogni miei brillasti un dì ma ti perdei – cantata dal più grande tenore dell’epoca, Tito Schipa. “Al vibrare della primissima nota io ho intuito, con struggimento, che quello che si chiama ‘Dio’… è il termine dell’esigenza di felicità, è quella felicità di cui il cuore è insopprimibile esigenza… In quel preciso istante per la prima volta io capii che Dio c’era e quindi non poteva esserci niente se non c’era il significato, non poteva esserci il cuore dell’uomo se non c’era il traguardo del cuore dell’uomo, la felicità… Il successivo sviluppo della mia coscienza religiosa è stata tutto influenzato da quell’esperienza”. Le abbiamo sentite dalla sua viva voce registrata l’altra sera.
Ora “la Chiesa – sono parole di papa Francesco durante l’udienza del 15 ottobre scorso in piazza S. Pietro appunto per il centenario di don Giussani – riconosce la sua genialità teologica e pedagogica, dispiegata a partire da un carisma che gli è stato dato dallo Spirito Santo per l’utilità comune”. Ecco, la serata gessatese ha messo in atto la grossa opportunità di iniziare o ri-iniziare una conoscenza del carisma di don Giussani “per l’utilità comune”, il sodalizio inscindibile della sua passione per Cristo e della sua passione per l’uomo. Prendendolo dal lato apparentemente eccentrico, quello della musica, ma in realtà profondamente pertinente e suggestivo.
“La potenzialità di questo carisma – ha detto ancora il Papa – è ancora in gran parte da scoprire”. Ne ho avuta la percezione netta ed emozionante ascoltando i brani eseguiti l’altra sera, seguendo le tracce segnate da Andreoni. La musica mi si è rivelata come un pozzo profondo di cui non vedi il fondo, ma senti che dal profondo vien su acqua, mai uguale a se stessa e inesauribile. La musica fa presentire il vivere nel rapporto con il fondo della realtà, che è il Mistero. Ed egualmente è inesauribile – “in gran parte ancora da scoprire” – la potenzialità di un carisma riconosciuto dalla Chiesa: perché non lega a se stesso ma conduce al Mistero e al suo svelarsi come compagnia all’uomo nell’incontro con l’avvenimento di Cristo.
Dove per me la faccenda è stata più facile è stato con il secondo brano eseguito, il Preludio di Chopin noto come “La goccia”. Splendida dolcissima la linea melodica che attrae, ma la genialata è quella nota più bassa, ripetuta dall’inizio alla fine con leggerissime variazioni, che è per Giussani, come ha ricordato il maestro Andreoni, “la nota della vita”: il desiderio di felicità che è la “fissazione”, la costante dell’uomo pur attratto dalle piacevolezze immediate ma sempre inadeguate a rispondere alla profondità infinita del suo desiderio.
Un percorso per così dire “esistenziale”, quello del cuore umano che desidera la felicità in ogni tornante dell’esistenza, è stato proposto anche a riguardo degli altri due brani, la Sonata n. 14 “Al chiaro di luna” di Beethoven e La sonata per violino e pianoforte n. 21 di Mozart.
Non a caso l’evento aveva per titolo “Spirto gentil” e sottotitolo “Viaggio al cuore dell’umano”. E il viaggio continua.
Maurizio Vitali