La riapertura si fa sempre più concreta. Dovremo essere tutti attenti e responsabili, e attenerci alle linee-guida stabilite da chi ha l’onere di governare, ma per un numero crescente di persone arriva il tempo di riprendere il cammino dove l’avevano interrotto, con preoccupazione per il futuro e dovendo fare i conti con aspetti nuovi che riguardano l’attenzione all’invisibile e malefico “ospite” nuovo nella realtà, il virus, con possibilità anche grottesche soprattutto all’inizio, come l’esperienza delle scuole francesi mostra.
È banale dirselo: quello che questa epidemia ci sta chiedendo è un cambiamento. È però fondamentale capire quale sia il livello della persona implicato in questo cambiamento. Di certo dobbiamo imparare a convivere in modo più sereno e consapevole con le misure di distanziamento sociale, che non significano la distruzione della possibilità di rapporto (leggere la testimonianza di Paola sulla scuola viva), ma che mettono in crisi settori economici rilevanti come la ristorazione, i trasporti, il turismo, la musica dal vivo, fino a determinare un aumento di suicidi in tutto il mondo.
Ma può essere solo questo quello che resta da tutta la fatica fatta fino a oggi e che ci vedrà protagonisti nell’immediato futuro? Che guadagno ne avremo da una serie di prescrizioni nuove e spesso limitanti? Nel suo Il risveglio dell’umano, Julian Carrón osserva che l’epidemia ci farà cambiare se iniziamo a cambiare adesso. Se impariamo a giudicare quello che sta avvenendo ne avremo un guadagno in termini di conoscenza di noi stessi e della realtà. Questo non cambierà magicamente le circostanze, né potrà a breve dare un respiro nuovo ai politici e governanti italiani, che continuano a fare errori o a prendere decisioni quantomeno opinabili (vedi l’anticipo del 2 per mille ai partiti, la marcia indietro sulle bocciature, il logoramento della compagine di governo, la continua cecità rispetto alle difficoltà delle scuole paritarie), né risolverà il dramma con cui le imprese avranno a che fare.
Ma un effetto lo darà: il nostro sguardo potrà aprirsi in modo nuovo sulla realtà, scoprendo forse la convenienza della solidarietà, come suggerisce Zizek, o imparando un rispetto nuovo per situazioni più o meno dolorose che altri vivono, come quello di Domenico Quirico per la vicenda di Silvia Romano o di Annalena Tonelli per i “suoi” Sudanesi, ma soprattutto facendo cresce la consapevolezza di sé (vedi il dialogo fra Carrón e i due psichiatri.
Si può allora coltivare la speranza, oltre che nella tecnica e nella scienza che spiegano ormai bene come avviene il contagio e stanno trovando nuove cure nonostante le incertezze sul vaccino, che anche chi rappresenta il popolo in sede politica avverta l’urgenza di un allargamento dello sguardo, cioè una consapevolezza maggiore su cosa sia veramente importante per rimettere in moto un paese che si trova in difficoltà non dall’ultimo febbraio, ma quantomeno dalla crisi del 2008. Lo spunto di De Bortoli sull’attenzione al capitale umano è un suggerimento prezioso per un cambio di rotta possibile.
Buona lettura e buona visione.
CENTRO CULTURALE MASSIMILIANO KOLBE
Nicola Sabatini
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