
Il quotidiano Avvenire il 23 settembre 2025 ha dedicato uno speciale ai Centri culturali cattolici “Una risorsa sempre più necessaria per la presenza della Chiesa e dei cattolici in una società che ha bisogno delle loro idee. E di un luogo dove potersi confrontare”.
“All’inizio di un nuovo anno pastorale, scrive Francesco Ognibene, è utile riflettere su questa presenza che apre le porte di una comunità credente e costituisce il suo biglietto da visita nella società mostrando come la fede sia ancora e sempre generatrice di un pensiero e di un giudizio sulla realtà. Tornano alla memoria le parole di san Giovanni Paolo II: «Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta». Promuovere, animare e sostenere un centro culturale – o una commissione, un circolo, un’associazione – oggi significa accogliere la sfida lanciata dalle grandi questioni del nostro tempo alle nostre coscienze, mettendosi al servizio di altri che cercano una parola significativa e illuminata dentro l’oscurità e le incertezze di questa stagione. Un centro culturale si mette al fianco della nostra umana ricerca di un senso e di una risposta, completando la proposta pastorale, educativa e sociale di una comunità di cristiani, in qualunque realtà”.
Fra i vari interventi, un articolo di Letizia Bardazzi, Presidente di AIC
Sguardi nuovi generati dalla fede
Che valore ha la vita di un centro culturale, sia in un piccolo borgo che in una grande città? Qual è la proposta che rivolge alla società, alle istituzioni o alle scuole con la sua programmazione? È la stessa domanda che il Cardinale José Tolentino de Mendonça ha rivolto ai centri culturali cattolici durante l’incontro mondiale “Artisans of Hope” del 17 febbraio 2025: “Perché la Chiesa ha bisogno di centri culturali?” La sua risposta è stata chiara: per inculturare il Vangelo ed evangelizzare le culture. I centri culturali sono veri e propri “artigiani della speranza”. Sono artigiani perché ogni centro è unico, perché mette in campo le risorse originali del proprio territorio e le passioni e gli interessi delle persone che lo animano, e questo sia che producano incontri o spettacoli, sia che ospitino mostre, dialoghi sull’attualità, cineforum o presentazioni di libri. Sono “speranza” perché spingono l’uomo oltre l’immediatezza delle cose, sollecitandolo a ricercare quel “qualcosa d’altro” che la realtà contiene, educando quell’apertura alla ricerca della verità che è propria della natura dell’uomo e che l’esperienza culturale sempre facilita.
L’ Associazione Italiana dei Centri Culturali (AIC) è nata più di quarant’anni fa su impulso di don Luigi Giussani, per il quale la cultura è sempre stata l’espressione di una fede capace di investire ogni aspetto della vita. Come affermava, «Se la fede investe ogni flessione della vita umana, la fede diventa sorgente di cultura e di una cultura nuova: altrimenti non si incarna». Da 1983 fiorirono tanti centri culturali, oggi ne esistono 185 su tutto il territorio italiano e nella Svizzera italiana. Grandi città, piccoli paesi, una rete unica nel suo genere resa possibile dalla gratuità e dalla dedizione delle persone che nel mezzo delle occupazioni quotidiane vivono l’espressione culturale come una vera e propria opera che nasce dalla fede e che sono mosse dal desiderio di comunicare a tutti la novità incontrata. Quella di AIC è un’amicizia operativa, un laboratorio permanente di comunione dove l’appartenenza alla realtà che ci ha conquistati nell’incontro del carisma di Luigi Giussani rende desiderabile il paragone, il confronto e quel lavoro educativo che permette il cambiamento dello sguardo su ogni aspetto del reale.