Biassono: L’esperienza di un amico

Novembre 13, 2013
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Pubblichiamo una lettera nella quale il nostro amico Carlo racconta l’esperienza che ha vissuto e che sta vivendo con gli incontri avvenuti durante le presentazioni della mostra “Il Volto del Risorto”. L’esperienza di Carlo è per tutti noi di grande aiuto, e ci mostra come il giocarsi in prima persona, aiuta innanzitutto la nostra conversione.
Noi guardiamo, seguiamo e impariamo amici come Carlo e tanti altri come lui. Come ha scritto un suo amico: “Carlo, ti ringrazio perché attraverso la tua esperienza mi richiami a quello Sguardo che in fondo è l’unico che veramente desidero”.

Cara Letizia,

Marino mi ha detto di raccontarti la mia esperienza iniziata con la mostra “Il Volto del Risorto” e allora eccomi qua a raccontarti, con un po’ di pudore, quanto è successo e sta succedendo.

La mostra, come avevo detto alla presentazione il 14 aprile 2007, è stata, forse inconsapevolmente, destata da ciò che don Giussani, commentando la chiamata di Giovanni e Andrea, ci diceva dello sguardo che aveva Gesù su chi lo incontrava. Allora mi era nata la domanda: “Cosa aveva affascinato tutti coloro che fisicamente incontravano Cristo? Tutte quelle persone che realmente avevano visto il Suo volto, o meglio avevano incrociato il Suo sguardo?”Il Volto e lo Sguardo. Come Gesù li aveva guardati, come aveva guardato appunto Giovanni e Andrea quando li ha chiamati, o Pietro quando lo ha rinnegato o, dopo la resurrezione, la Maddalena e Tommaso.

E come avrebbe guardato me, con i miei alti e bassi, con i miei desideri e con i miei peccati, con il mio essere scaltro e con il mio essere stolto, con il mio essere orgoglioso e con il mio essere amareggiato, solo e impotente di fronte alle difficoltà e ai problemi che la vita mi pone innanzi. Sin da piccolo, quando prego, non prego l’indefinito o il buio, ma mi immagino un volto, uno sguardo che mi comprende e prende sul serio le mie esigenze. Forse la passione per l’arte che ho sempre avuto; forse le emozioni e la commozione che alcune opere, dapprima viste nei libri e poi ricercate nelle chiese e nei musei, mi avvicinano in qualche modo all’esperienza di coloro che, appunto, Cristo fisicamente aveva guardato.

Ma questa commozione io la vivo anche quando succedono fatti che non ti aspetti, oppure quando un amico non ti giudica a priori, ma ti accoglie per quello che sei, oppure ancora quando capisci che certi periodi più o meno belli o più o meno brutti della vita alla fin fine hanno un senso. La stessa emozione però l’ho provata anche quando ho ascoltato e visto Giovanni Paolo II o Don Giussani; quando ascolto e vedo il Papa (prima Benedetto XVI e ora Francesco) o tantissimi altri amici o i miei familiari.

Essi sono una presenza costante; ciò che dicono e fanno, consapevolmente o no, m interpella e spesso corrisponde a quello che desidero veramente. Mi scaldano il cuore, proprio come quelli che avevano incrociato lo Sguardo di Cristo. Insomma, sono, per me, Cristo. La consapevolezza della presenza costante di Cristo vivo nella mia esistenza, che mi aiuta e che mi sostiene, mi ha fatto nascere il desiderio di comunicare anche ad altri l’evidenza di questa presenza. Da qui l’idea di usare l’iconografia del Volto di Cristo nella storia dell’arte come aiuto a suscitare e vivere questa consapevolezza.
L’idea che ha dato il taglio a questa mostra mi è venuta durante una vacanza in Abruzzo nel 2006. Il mio amico Walter mi ha portato a visitare il Santuario del Volto Santo di Manoppello, quello che di li a poco avrebbe visitato Benedetto XVI. Poi mi sono recato, a pochi chilometri, a Ortona dove c’è il corpo dell’apostolo Tommaso, sì, quello che non ci credeva e che aveva messo il dito nel costato e che si era arreso di fronte all’evidenza di Gesù Risorto dicendo “Mio Signore e mio Dio”. Ed infine, sempre a distanza di pochi chilometri, ho visitato Lanciano, il luogo del famoso Miracolo Eucaristico, palesatosi di fronte ad un altro che non ci credeva.

Questo fatto accadutomi mi ha reso consapevole che ciò che avevo visto erano dei grandi “segni”, come se in pochi chilometri Gesù avesse voluto farsi vedere, così misteriosamente ma altrettanto realmente, per far fare esperienza a me e a tutti gli uomini della Sua Resurrezione e della Sua Presenza qui ed ora, in carne ed ossa. Ecco da dove è partita l’idea ed il titolo della Mostra: Il Volto del Risorto.

In quel periodo con gli amici del Centro Culturale, ci dicevamo spesso che, non erano importanti le iniziative che facevamo, ma le persone che attraverso le iniziative incontravamo.

La mostra allora fin dall’inizio è stata chiamata Mostra-Incontro. Questa mostra, unitamente alle altre mostre che abbiamo organizzato in questi anni, è stata è fonte di stupore per tutti noi per l’occasione grande di incontro con le persone, spesso sfociate in una amicizia che continua ancora. Di questo è testimonianza il “Diario” per raccogliere firme o pensieri, che da sempre lasciamo al termine del percorso delle mostre che proponiamo (in particolare questa del Volto del Risorto, perché ha raccolto scritti di una dozzina di paesi in cui è stata allestita).

Questo “Diario” infatti ha raccolto centinaia di firme e testimonianze di persone che, vedendo quei pannelli messi assieme artigianalmente con quelle riproduzioni di opere d’arte e di frasi dei maestri della fede, erano rimasti colpite, provocando in loro un risveglio dell’io.
Allora mi sono commosso e ho dovuto arrendermi all’evidenza di quel fatto.
Da qui è nata anche l’iniziativa: “Lo sguardo di fronte all’arte alla scoperta dell’Io” che ho fatto agli amici della comunità. Poi, due anni fa, volendo ulteriormente approfondire questa esperienza, e cercare un aiuto di altre persone che avevano il mio stesso desiderio, mi sono iscritto alla Scuola Iconografica di Seriate e li è successo un ulteriore fatto. Padre Scalfi, il primo giorno del corso ci ha detto: «Nella cultura occidentale il principio della bellezza non è mai entrato come fondamento primario su cui edificare la propria vita spirituale, nella tradizione bizantina più che buono il santo è bello, piuttosto che aspirare ad essere bravi conviene tendere ad essere belli»

Mi ci sono voluti due anni a capire che la bellezza che Padre Scalfi chiedeva di ricercare, era Gesù Cristo e non un estetismo e che l’Icona che mi accingevo a scrivere era un’occasione per incontrarLo nuovamente.
Non mi si proponeva semplicemente un approfondimento, se pur vero, di un mio “interesse”.

Attraverso i vari momenti di preghiera e di lezione, la sequela dei maestri e, soprattutto, l’esecuzione dell‘Icona, mi veniva offerto un cammino, anzi mi veniva richiesta una conversione. Sì una conversione! Fatta attraverso una mortificazione del mio io, seguendo le linee, i canoni i colori, la strada fatta da un Altro. Come ci ha detto ancora Padre Scalfi: «Voi dipingete i volti, ricordate che dipingendo i volti dovete chiedere al Signore che riunisca il vostro volto in Cristo perché soltanto in Lui, dalla sua luce, dalla sua bontà, dalla sua misericordia, dal suo amore la nostra persona viene integrata».
Iniziare dalla linea, dal segno, è ricominciare, tornare a conoscere tutti i giorni, tutti i momenti, tutti gli attimi, Colui che ci ha creato a sua immagine e somiglianza; quindi tornare a conoscere noi stessi, riconoscendo Dio Padre di tutti. Solo così potremo conoscere anche le persone che il Signore ci fa incontrare in ogni istante della nostra vita, anche quelle che incontriamo attraverso le iniziative del nostro Centro Culturale (penso in particolare alle persone bisognose di aiuto che incontriamo attraverso il Centro di solidarietà (aiuto al lavoro) o attraverso il banco di solidarietà Mario e Costanza (aiuto alimentare alle famiglie bisognose) o semplicemente quelle che aiutiamo a compilare il 730. Esse sono veramente per noi “il Volto del Risorto”. Questa è la novità più affascinante che mi sta accadendo, e che ho condiviso con i miei amici perché la nostra testimonianza sia sempre più “credibile” (cioè provata dall’esperienza e non ingannatrice come ci insegna don Giussani).
Per questo nell’ultimo allestimento avvenuto a Lissone la scorsa settimana, ho voluto mettere alla fine della mostra la mia prima Icona del Pantocratore come «Colui che sostenta nell’essere tutte le cose»: era la naturale conclusione di questa percorso esperienziale. Anche quest’ultima esposizione è stata un avvenimento: innanzi tutto per me dove, durante l’inaugurazione (c’erano più di 150 persone con tanto di Sindaco e Curato che ha benedetto la mostra) e soprattutto con il gruppo di studenti che, nei giorni successivi hanno fatto da guida, si è ulteriormente rinnovato lo stupore e il riconoscimento di quante persone anche inconsapevolmente, cercano e desiderano Quello che cerco e desidero io; in secondo luogo per gli amici del centro culturale che si sono lasciati provocare ancora una volta da ciò che accadeva per rendere sempre più consapevole e vero il loro impegno in questa opera; ed infine per i nuovi amici di Lissone e tutte le persone passate nei giorni di apertura (un migliaio) che mi hanno comunicato la loro gratitudine per aver permesso a ciascuno di rifare il proprio cammino di conversione, di fede e di amore alla persona di Gesù.
Insomma ho un po’ paura a dirlo, e per questo chiedo a tutti di pregare e aiutarmi, ma certamente di una cosa sono sicuro: questa esperienza ogni volta mi richiama ad avere una posizione di serietà di fronte alla mia vita, ma nel contempo anche di serenità nella certezza che Cristo Risorto mi è accanto e sarà con noi “fino alla fine dei tempi”.
Come ho osato scrivere alla moglie del mio ex capo, quando ingiustamente è stato arrestato, “tutto quanto ci accade è per una positività che noi non conosciamo”.

Ti ringrazio, a nome di tutti gli amici del centro culturale, per la tua attenzione e premurosa
sollecitudine nei confronti della nostra esperienza.
Carlo


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