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Nell’ottobre del 1975 alcune persone sentirono l’esigenza, spinti da altri amici più grandi, di capire cosa c’entrava la vita di fede che stavano iniziando a vivere con quello che accadeva loro intorno. Si era negli anni seguenti la grande contestazione del ‘68 e sembrava allora che i cristiani non avessero nulla da dire alla società moderna. Si iniziò così a proporre le prime università popolari, ambiti e luoghi dove cominciare a discutere. Stavano iniziando le grandi campagne del divorzio e dell’aborto, era più evidente il disimpegno dei cattolici nella società; nacque così anche la voglia di costruire nuovi luoghi, di costituire un centro culturale che venne intitolato alla memoria di Don Minzoni.
Da allora la nostra amicizia ha generato fatti ed iniziative, dando vita poi ad una associazione legalmente riconosciuta; nel 1989 si è cambiato il nome dedicando il centro culturale al Parroco di Biassono Don Ettore Passamonti, che aveva visto e apprezzato i primi passi della nostra storia.
Il bisogno di capire cosa la nostra fede ci chiedeva come impegno, ha via via generato e accolto innumerevoli iniziative nate dalla passione e dall’impeto degli amici che condividevano questa nostra storia; iniziative fatte di incontri casuali (Il Solco) o cercati (coinvolgendo altre associazioni e centri culturali), di momenti pubblici forti (ricordiamo gli incontri con personalita’ quali il dissidente russo Bernstain, lo storico Leo Moulin, il regista Nocita, lo scrittore Eugenio Corti, …) o di momenti di riflessione interna. Abbiamo nel frattempo cambiato casa diverse volte, sino a stabilirci nei nuovi locali di Piazza San Francesco. Il centro è andato così definendosi come luogo di cultura, educazione e solidarietà; abbiamo intrapreso attività per approfondire gli aspetti culturali del paese e della società che cambiava (i convegni “Biassono, paese città quale sviluppo”, “Biassono 2001: Quo Vadis?, Europa: Quo Vadis?”), per richiamare al magistero della chiesa (Storia della Chiesa, Vite dei Santi), per combattere le grandi battaglie culturali (divorzio, aborto, sussidiarietà, libertà di educazione) e per imparare ad apprezzare il bello (Spazio Musica, visit e e gite a musei e città d’arte); abbiamo sempre più valorizzate le passioni dei soci (gite in montagna, musica, …). Allo stesso tempo le mura del centro hanno accolto anche chi insieme ai ragazzi condivideva i momenti di studio, di crescita e di svago (SOS studenti, Stand bye me); la preoccupazione educativa ha investito anche gli spazi e i momenti che si sono aperti nel mondo dell’educazione scolastica (lavorando con Compagnia Educatori e Comunità Educante). Ciò che imparavamo nel giudizio su quanto accadeva intorno a noi, faceva nascere anche iniziative di solidarietà, che muovevano da esigenze della gente che incontravamo man mano: l’aiuto alla compilazione dei redditi, l’impegno nell’aiuto alle famiglie bisognose (Banco di Solidarietà ed Alimentare), l’aiuto alle iniziative di associazioni di volontariato (AVSI). Nel tempo sono cambiati i momenti di ritrovo, ricordiamo le prime Feste Popolari a base di lenticchie e salamini, ma è rimasto immutato il desiderio di incontrare e far incontrare Cristo, di volere, insieme, far si che la nostra fede diventasse cultura. Ricordiamo l’invito che Giovanni Paolo II aveva rivolto agli organizzatori e partecipanti al Meeting di Rimini del 1982: “La fede vissuta come certezza e domanda della presenza di Cristo, dentro ogni situazione e occasione della vita, rende capaci di creare forme nuove di vita per l’uomo, rende desiderosi di comunicare e di conoscere, di incontrare e di valorizzare” e quanto, sempre il Papa, ha scritto ultimamente a Don Giussani in occasione dell’anniversario del movimento di Comunione e Liberazione: “Quest’esperienza di fede genera uno sguardo nuovo sulla realtà, una responsabilità e una creatività che concernono ogni ambito dell’esistenza: dall’attività lavorativa ai rapporti familiari, dall’impegno sociale all’animazione dell’ambiente culturale e politico”.
Questo è quello che ci auguriamo in questa importante ricorrenza e, come ha detto in una intervista Don Luigi Giussani a proposito di un uomo che vive per quella Presenza grande e ultima, “poter guardare come Cristo lontano, verso l’orizzonte di tutti i campi e segnare il piccolo fiore che aveva ai suoi piedi”