Caravaggio (Bg): Dov’è Dio?
Il Centro Culturale “Il Viaggio” in collaborazione con il Centro Culturale “Portaluppi” ha organizztoa la presentazione del libro “Dov’è Dio?. La fede cristiana al tempo della grande incertezza” di Julián Carrón (edizioni Piemme).
Sono intervenuti
Andrea Tornielli, Vaticanista de La Stampa e coautore del libro
Michele Campiotti, Consiglio Nazionale di Comunione e Liberazione
Cronaca dell’incontro
Dopo una breve introduzione, in cui Andrea Tornielli ha raccontato del dialogo con Juliàn Carron che ha portato alla nascita del libro, Michele Campiotti ha sfidato ciascuno dei presenti a porsi la domanda «Dov’è Dio?». Questa domanda resterebbe poco interessante se rimanesse teorica, “una domanda che va bene per i salotti, ma diventa fondamentale se si parte da sé, dalla vita «che si vive campo», dalle proprie ferite. Gesù viveva lasciandosi ferire” Perché è conveniente questo? Come fa a non farci paura una realtà che ferisce? Tornielli parte proprio da qui per rispondere. È umano ancora prima di cristiano permettere alla realtà di cambiarci, ferendoci, coinvolgendoci, stupendoci: «permettere alla realtà di commuoverci è fondamentale».
Nel corso di un dialogo serrato, i due relatori hanno affrontato alcuni fra i temi più importanti del libro: il rapporto fra tradizione e esperienza presente, l’eccezionalità dello sguardo di Gesù, la responsabilità del cristiano verso il mondo. Tornielli ci ha raccontato del suo rapporto con Papa Francesco e l’atteggiamento di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco davanti al dolore innocente. “Il loro atteggiamento di fronte al dolore mi ha colpito tantissimo. Nel primo caso davanti alla domanda di una bambina giapponese che fece un videomessaggio a Benedetto XVI; c’era stato da poco lo tsunami in Giappone con tanti morti e la bambina chiese perché era successo, i suoi amici erano morti, avevano perso la casa. Benedetto XVI, un grande teologo che per venticinque anni era stato prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, disse che di fronte a questi avvenimenti non abbiamo una risposta umanamente esauriente, nè tantomeno teorica. Provate voi a dire a uno – che ha subito un dolore, di fronte al non senso del dolore innocente, allo schianto del dolore innocente – una risposta teorica, perfetta, ortodossa e dottrinale e chiedetevi se questa risposta può portare qualsiasi forma di conforto o se non risulti persino ancora più fredda, che cosa mi interessa sapere la teoria… Questo atteggiamento – dire che non c’è una risposta – significa che io non posso dire a parole una risposta che oggi possa consolarti, permetterti di affrontare il dolore che tu vivi. Papa Francesco fa lo stesso tutte le volte che riceve – e spesso non si sa di questo perché è la parte quotidiana della vita di questi Papi e Papa Francesco in particolare dedica molto tempo a questo – bambini gravemente ammalati, malati terminali. Tutte le volte che sorge questa domanda, che gliela fanno i bambini o i genitori piangendo, lui dice: io non la so una risposta, nel senso che non posso risponderti con le formule del catechismo perché non sarebbe una risposta umanamente adeguata. L’unica cosa che posso fare – ha detto Papa Benedetto e poi Francesco – è chiedere io stesso a Dio. L’unica risposta è l’abbraccio che io posso dare a te, la mia possibilità a te, il modo con cui io condivido il tuo dolore, mi lascio ferire dal tuo dolore, lo faccio in qualche modo mio. Questa è anche la risposta che Dio stesso ha dato di fronte al dolore innocente. Di fronte alla grande domanda sull’esistenza del male nel mondo, la risposta di Dio è stata quella di una compagnia, cioè di mandare Suo Figlio. Perché Gesù Cristo ha patito, è stato flagellato, è morto sulla croce. Dunque è morto per i nostri peccati, avendo visto nell’orto degli ulivi l’abisso del male che era stato compiuto se n’è fatto carico. La risposta di Dio è stata una compagnia, un abbraccio, una prossimità. Non ci può essere risposta dottrinale giusta se chi la dà non vibra di compassione, di quell’avvenimento, di quella ferita e non ti fa balenare questo mentre parla. Non ti fa balenare una vicinanza profonda, concreta e umana”.
Concludendo l’incontro, Michele Campiotti ha voluto leggerci due brani. Il primo è tratto dal diario di Etty Hillesum (edizioni Adelphi)
– «Mi hai resa così ricca, mio Dio. Lasciami dispensare anche agli altri questa ricchezza a piene mani. La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con Te, mio Dio, un unico grande colloquio. A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti al tuo cielo, le lacrime mi scorrono sulla faccia, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza. Anche di sera quando sono coricata e riposo in Te, mio Dio, lacrime di riconoscenza mi scorrono in faccia e questa è ormai la mia preghiera».
Infine, alcuni versi di una poesia e preghiera di Charles Peguy (CINQUE PREGHIERE nella Cattedrale di Chartres di Charles Peguy , in LUI E’ QUI ed. BUR) perché «molto riassuntiva del testo che vi invitiamo a leggere».
«Ciò che dappertutto altrove è costrizione di regola
Qui non è che un impeto e un abbandono;
Ciò che dappertutto altrove è una dura penale
Qui non è che una debolezza che viene sollevata.
Ciò che dappertutto altrove sarebbe uno sforzo
Qui non è che semplicità e quiete;
Ciò che dappertutto altrove è la scorza rugosa
Qui non è che la linfa e le lacrime del tralcio.
Ce ne han dette tante, o Regina degli Apostoli
Abbiamo perso il gusto per i discorsi
Non abbiamo più altari se non i vostri
Non sappiamo nient’altro
che una preghiera semplice»