Padova: Stabat Mater

Meditazione di don Stefano Alberto ed esecuzione dello Stabat Mater di G.B. Pergolesi


Nello Stabat Mater, come si rileva nello studio dell’autografo, c’è una grande fretta di scrivere, confermata da numerosi errori, parti di viole mancanti o soltanto abbozzate, e più in generale un certo disordine tipico di chi ha poco tempo davanti a sé. Tanto che in calce all’ultima pagina dello spartito Pergolesi scrisse di suo pugno “Finis Laus Deo” (fine, lode a Dio). Commovente è la cronaca degli ultimi giorni di vita di Pergolesi. Ecco il racconto di un contemporaneo. «Essendosi portato a visitarlo Francesco di Feo, rinomato maestro di musica che lo amava teneramente, e veduto che egli giacendo a letto si occupava a terminare la composizione dello Stabat Mater, fortemente lo rimproverò, dicendogli che le sue condizioni di salute meritavano ben altri riguardi. Ma il povero giovane rispose che non voleva morire prima di finir l’opera che gli era già stata pagata ducati dieci: – E forse, aggiunse, non varrà dieci baiocchi. Tornò dopo qualche settimana il Feo e lo ritrovò peggiorato a segno che a stento dalle moribonde labbra di lui potrà intendere che lo Stabat era stato terminato e inviato al suo destino. Pochi giorni dopo, nel di 16 marzo 1736, il Pergolesi rendeva l’ultimo sospiro».
«Per comprendere fino in fondo la portata di quest’opera», scrisse Luigi Giussani proponendola come prima uscita della collana di cd Spirto Gentil da lui diretta, «occorre innanzitutto ricordare che essa è espressione di una cultura di popolo e dell’esperienza personale del musicista. Una sola regola guidò la sua mano: che le parole, portatrici di esperienza, potessero emergere con assoluta libertà e il canto servisse unicamente a ridar loro la vita originale».
Finis, Deo gratias. «Le ultime parole scritte di suo pugno», commenta Giussani, «mettono un sigillo non solo sul capolavoro, ma anche sulla breve esistenza del giovane che nell’Amen finale dello Stabat innalza, dal suo stato rattrappito dalla malattia, il più fulgido ringraziamento al Mistero che salva attraverso il dolore». Vuole la tradizione, infatti, che negli ultimi supremi istanti Pergolesi fu visto contemplare un’effigie che era rimpetto al letto, e rimirandola ansiosamente col petto ansante, piangesse: era l’effigie della Madonna Addolorata che l’autore dello Stabat chiamava «la sua celeste musa».
(Eugenio Andreatta)

L’Ensemble Stella Maris, fondato e diretto da Luca Belloni, ha eseguito in varie occasioni lo Stabat Mater di G.B. Pergolesi, la Johannes-Passion di J.S.Bach e lo spettacolo Percorsi e labirinti (su un testo di Maurizio Biondi) dedicato alle strutture polifoniche nella tarda produzione bachiana.
Luca Belloni è nato a Milano nel 1969. Ha studiato Composizione nei Conservatori di Milano e Adria (RO) diplomandosi nel 1997 con il massimo dei voti nella classe di Luigi Verdi e perfezionandosi quindi sotto la guida di Pippo Molino. È direttore stabile dell’Ensemble Webern. Svolge attività musicologica e di divulgazione: ha curato tra l’altro l’introduzione di vari cd della collana Spirto gentil fondata da Luigi Giussani. Dal 2005 al 2007 ha insegnato Analisi delle Forme compositive nel Conservatorio di Adria. La sua opera compositiva è edita da ABEditore di Milano. È editor della macroarea Universo Musica della stessa casa editrice. Collabora stabilmente con il quotidiano online Ilsussidiario.net.
Don Stefano Alberto, nato nel 1959, sacerdote della Fraternità dei Missionari di San Carlo Borromeo, è docente di Introduzione alla teologia nell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Membro del Consiglio nazionale di Comunione e Liberazione, ha curato Vangelo e storicità. Un dibattito (1995), La Chiesa Corpo mistico di Cristo nel primo capitolo della Lumen Gentium (1996) e Generare tracce nella storia del mondo. Nuove tracce d’esperienza cristiana (1998), con Luigi Giussani e Javier Prades.



Data

Lunedì 02 Aprile 2012 ore 21:00

Luogo

Basilica di Sant’Antonio, piazza del Santo 11, Padova