Ragusa: La Missione di Speranza e Carità
Il Centro Socio Culturale Ibleo ha organizzato la presentazione del libro “Qualcosa di prezioso che accade. La Missione di Speranza e Carità” raccontata da Biagio Conte a Francesco inguanti”.
Cronaca dell’incontro
«Ai pazzi di Dio tutto è concesso»!
Alla presentazione del volume di Francesco Inguanti Qualcosa di prezioso che accade. La missione di Speranza e Carità raccontata da Biagio Conte a Francesco Inguanti (ed. People and humanities), svoltasi alla Badia a Ragusa, è il vescovo della città, Mons. Carmelo Cuttitta, a cancellare ogni traccia di oleografia sentimentalistica, da “santino”, dalla figura di Biagio Conte per restituirlo alla concretezza dell’umano di cui è fatto.
È certamente un mite “fratel” Biagio -come preferisce essere chiamato quest’uomo innamorato di Dio che nei barboni, negli alcoolizzati e negli sbandati di ogni sorta ha visto il «volto raggiante di Gesù»- ma anche un tipo determinato che guarda alla meta senza lasciarsi intimidire dal calcolo delle difficoltà da affrontare per raggiungerla. «Tu sei un prepotente» ricorda di avergli detto con tono benevolmente canzonatorio il nostro vescovo, che insieme a Franco Antoci ha presentato il libro di Inguanti, «ma di una prepotenza che nasce dall’amore per i poveri».
Da uomo delle istituzioni che lo hanno visto Presidente della Provincia e sindaco del capoluogo ibleo, Antoci racconta il suo incontro con il protagonista della serata avvenuto attraverso le pagine del libro, dalle quali emerge una figura viva le cui parole «meritano di essere meditate una ad una». E, rileggendo la propria formazione di scuola Azione Cattolica, afferma di comprende adesso meglio, nel paragone con l’umanità di fratel Biagio, quale portata esistenziale e sociale possano avere parole come “preghiera”, “azione” e “sacrificio” di cui si era nutrito da ragazzo.
Mons. Cuttitta, testimone diretto di questi 25 anni di vita pubblica del suo concittadino palermitano, iniziata nel 1990, a 27 anni, con un digiuno culminato davanti alla sede del Giornale di Sicilia con l’annuncio, da parte di Biagio, di volere offrire la vita al servizio dei poveri a imitazione di Gesù, ha offerto squarci inediti sulla vicenda.
Innanzi tutto quello del primo incontro tra il cardinale Pappalardo «e questo strano personaggio che tormentava da giorni il portiere dell’arcivescovado di Palermo perché l’arcivescovo lo ricevesse». Ebbene, quel colloquio che doveva durare qualche minuto, si protrasse per tutto l’arco della mattinata «sconvolgendo l’agenda degli impegni che io avevo preparato per Mons. Pappalardo» ricorda Cuttitta. «Alla fine di quel lungo dialogo chiesi: “Che gliene pare Eccellenza?” e lui: “È un po’ strano, ma ha una bella visione delle cose». Così, nel groviglio di iniziative degli anni che seguirono, dentro quell’onda di carità suscitata da Biagio Conte che oggi, in due strutture di accoglienza maschili e in una femminile offre vitto e alloggio ad oltre mille tra barboni, immigrati, ex carcerati e donne in difficoltà, lo zelo materno della chiesa palermitana mise accanto alla «santa follia» di fratel Biagio la «sana razionalità» di don Pino Vitrano.
Sono gli anni (ancora in corso) dello scontro tra la carità ed il Moloch della burocrazia descritti da Franco Antoci, in cui si succedono situazioni Kafkiane sconfortanti. Come quella che vede la Missione attendere per mesi il contributo da parte dello stesso ente pubblico che, invece, reclama immediatamente il pagamento di una qualche imposta. O quelle relative alla palude dei contenziosi sorti tra diversi organi istituzionali che improvvisamente, a distanza di decenni, rivendicano autorità su terreni abbandonati occupati abusivamente o su strutture fatiscenti rimesse a nuovo per accogliere i bisognosi. Significativamente, è proprio all’interno di questa “impari lotta con la burocrazia” che fratel Biagio, decide di indossare il saio verde.
La figura di questo figlio di emigranti, cresciuto nel solco della fede della madre che spesso, prima del pranzo, lo invitava a portare il pacco con la spesa a qualche famiglia bisognosa del quartiere, afferma il vescovo di Ragusa, è quella di «un carisma che arricchisce la chiesa». Esso non nasce da un afflato sentimentale, ma costituisce un richiamo a reimpostare la vita a partire da domande che sorgono dall’ osservazione della realtà. «I barboni sono uomini o non lo sono»? Se lo sono -spiega il vescovo di Ragusa traendone le conseguenze- allora bisogna battersi per affermarne la dignità». Costruendo dormitori, mense, infermerie, mobilitando mezza Sicilia per fornire cibo. E (meraviglia!) la gente risponde. Un fatto che stupisce persino Biagio Conte, come racconta fratel Davide, 37 anni, che con lui ha condiviso l’ultimo viaggio a piedi per l’Italia, intervenuto come testimone d’eccezione. «Progettando i prossimi passi che i bisogni dei nostri fratelli poveri richiedono di fare, ci siamo abbracciati e messi a piangere; di preoccupazione e di felicità, pensando ai “guai buoni” che il Signore ci farà passare».
Mentre il saio di fratel Davide non riesce a nascondere un tatuaggio sul collo, segno visibile del suo peregrinare inquieto per l’Europa alla ricerca di un senso per una vita, si comprende meglio che per parlare di Dio all’uomo post-moderno non occorre tanto il linguaggio dei social network, quanto quello della radicalità di chi, innamoratosi, si dona tutto nell’ardore di una “sana follia” in cui rifiorisce l’umano.
(Mario Tamburino)