Udine: La fede che preferisco è la speranza
Il Centro Culturale Il Villaggio propone come gesto introduttivo alla Settimana Santa 2014 l’incontro dal titolo “La fede che preferisco è la speranza”, la vita e l’opera di Peguy nel centenario della sua morte con Pierluigi Colognesi.
Il 2014 è un centenario importante: quello dell’inizio (28 luglio 1914) della “Grande Guerra”. “Grande Guerra”: quella della Prima Guerra Mondiale è una grandezza drammatica: pensiamo innanzitutto ai 9 milioni di morti sui campi di battaglia e ai 7 milioni di vittime civili. Ma ci sono altri aspetti di questa drammaticità: con quella guerra avviene il crollo di un mondo di opulenza e splendore (pensiamo alla “Belle Epoque”), di ottimismo scientifico e tecnologico (pensiamo al positivismo), di un mondo politico complesso e ricco anche culturalmente (pensiamo al crollo degli imperi Austro-Ungarico e Ottomano).
Charles Peguy muore il 5 settembre 1914, all’inizio della prima battaglia della Marna, ed è pertanto totalmente dentro questo dramma; ma soprattutto tutta la sua vita e la sua opera sono dentro la frattura che in quel momento si consuma e la esprimono con una acutezza difficilmente reperibile in altri. “Per la prima volta, per la prima volta dopo Gesù, noi abbiamo visto, sotto i nostri occhi, noi stiamo per vedere un nuovo mondo sorgere, se non una città; … la società moderna, il mondo moderno; un mondo, una società costituirsi, …dopo Gesù, senza Gesù. E ciò che è più tremendo, amico mio, non bisogna negarlo, è che ci sono riusciti …” (Dialogo della storia con l’anima carnale o Veronique).
Peguy sperimenta nella sua vita e indaga nella sua opera il dramma di un mondo pieno di contraddizioni e di fratture. Egli è da un lato tentato dalla disperazione, dall’altro cerca, senza tregua, la possibilità di vivere nella speranza, guardando a Cristo, alla Sua storia di uomo, alla Sua Passione e Croce, alla Sua presenza oggi, “come il primo giorno”. Proprio lo scendere con Cristo fino all’abisso della passione e della morte gli permette di cogliere i fondamenti di una speranza che non teme nulla, neppure la propria sofferenza, il proprio fallimento, la propria morte.
Per questo lo riproponiamo come un testimone, un poeta e un pensatore ancor più attuale oggi, dentro la crisi (non solo
economica) del nostro mondo, all’inizio di questo centenario della Grande Guerra e soprattutto all’inizio della Settimana Santa, momento drammatico ma unico nel farci sperimentare una speranza che non ha paura di nessuno dei nostri mali.
(Giorgio Lorenzon)