La questione

Ha un futuro la Russia?

di Giovanna Parravicini

18 Settembre 2023
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Lo sguardo di padre Scalfi sulla Russia, spietatamente lucido e al tempo stesso pieno di speranza, si dimostra ancor oggi il miglior vademecum per comprendere un paese grande e tormentato. Si apre il convegno del centenario.

Più di trent’anni fa, all’indomani del crollo dei muri in Europa Orientale che sembrava preludere a una nuova epoca di rinascita e unità, padre Romano Scalfi dedicava a questo interrogativo un lungo articolo («L’Altra Europa», n. 1, 1990 ), in cui metteva lucidamente a tema tutte le difficoltà create dalla pesante eredità sovietica ma anche dalla crisi morale e spirituale attraversata dall’Occidente.

Oggi, nel contesto attuale, dubbi e interrogativi sembrano ingigantirsi in tutto il mondo, non solo nei luoghi che sono teatro della guerra, non solo nei paesi travagliati da pesanti crisi economiche e politiche, ma anche all’interno delle società civili delle superpotenze. Per quanto riguarda la Russia, poi, forse il punto più dolente e irrisolto (in particolare per le giovani generazioni, ma non solo) è proprio l’assenza di un futuro, la sensazione che il futuro sia stato irrimediabilmente rubato, cancellato. Grandezze passate, antichi fasti imperiali quanti se ne vuole, ma questa domanda – ha un futuro la Russia? – anche rivolta ai più accaniti sostenitori dell’«operazione speciale» metterebbe a dura prova l’interlocutore, lo troverebbe senza una risposta plausibile.

Ma padre Scalfi una risposta a questa domanda l’aveva: anzi, l’aveva trovata già in precedenza, fin dagli anni del regime sovietico, e aveva il coraggio non solo di proporla per la Russia, ma di offrirla come alternativa alla stanchezza dell’Occidente. Nonostante l’euforia prodotta in molti dai grandi mutamenti avvenuti nell’Est Europa, come attento lettore di quanto stava in realtà avvenendo nell’Unione Sovietica, padre Romano già percepiva la sfiducia generalizzata, la «destabilizzazione della società e l’apparire della «sindrome del pugno di ferro» nei primi anni ’90.

Ma questo non lo paralizzava nell’impotenza, la strada continuava a essergli ben chiara: «Non possiamo dimenticare la dignità ben diversa del samizdat… La fede nell’ideale, il gusto della creatività, la coscienza della responsabilità personale e della propria colpevolezza erano sentimenti preminenti. La critica morbosa e fiacca trovava poco posto negli scritti clandestini, dominava la passione per l’uomo e per la società».

Per questo ci è sembrato importante, nel centenario della nascita di padre Romano, dedicare l’annuale convegno della Fondazione Russia Cristiana alla riscoperta dei grandi temi da lui proposti, nel tentativo di trovare una risposta nell’oggi a questo interrogativo – ha un futuro la Russia? – che, come lui stesso faceva rilevare, riguarda la «sua missione storica» e interpella la persona, la società civile, la Chiesa, chiamandole a superare la crisi esistente, che ha radici ideologiche, spirituali e morali oltre che geopolitiche ed economiche. Con stupefacente acutezza, padre Scalfi intuiva fin da allora le dinamiche nazionaliste e imperialiste che sono esplose negli ultimi anni: «L’intento comune che ora affratella i nemici di un tempo – scriveva – è conservare con tutti i mezzi l’integrità morale, politica, ideale e territoriale dell’URSS. I conservatori smussano il loro anticomunismo, e gli stalinisti elaborano un comunismo “geopolitico”, mistico-spirituale, ma comunque saldamente militaristico».
E, in particolare, si rendeva conto della debolezza della gerarchia ecclesiastica ortodossa, «costretta per lungo tempo all’inerzia, impaurita da lunghi anni di persecuzioni, abituata all’assenso, per la quale è accattivante l’immagine di una Russia grande e potente, ortodossa per volontà dello Stato, difesa dagli influssi perniciosi del fattivo cattolicesimo occidentale, incensata dai discorsi patriottico-religiosi del clero».

Che cosa contrapporre a tutto ciò? Padre Scalfi non aveva dubbi: «La Chiesa missionaria, che vediamo rappresentata nelle nuove fraternità di fedeli, ecumenica e attenta alla propria identità». «La Chiesa – e qui citava una frase raccolta negli stessi mesi sulla stampa russa – prima di tutto è necessaria come Chiesa: deve essere se stessa, difendere la sua natura e il suo significato». E concludeva: «Quando è così, la Chiesa supera più facilmente le tentazioni del mondo e riesce a servire il mondo nel migliore dei modi».

Il convegno che si svolgerà nei prossimi giorni, «Dentro il dramma: ricominciare dalla persona. L’eredità di padre Romano Scalfi» ripropone l’attualità di questo giudizio, che per il fondatore di Russia Cristiana non si è mai limitato a essere una concezione culturale o filosofica, ma ha sempre compreso un’esperienza di condivisione esistenziale, è divenuto un ambito di vita sociale, di reciproco arricchimento culturale, di comunione spirituale, si è tradotto in un’amicizia vissuta in Cristo. «È la norma stessa – ci ricordava ancora padre Romano («La Nuova Europa», n. 4, 1994) – che per funzionare e per adempiere al proprio fine rimanda alla sua origine, cioè al cuore dell’uomo, ai bisogni concreti e alle azioni concrete di ogni singolo uomo… Non si tratta più di organizzare la soddisfazione dei bisogni attraverso la creazione di regole continuamente superate, ma piuttosto di organizzare la solidarietà che già vive ed agisce, con regole che appunto tendano a promuovere quanto la società continuamente inventa a partire dalle sue esigenze reali».

Per questo, come un prosieguo naturale di incontri e di amicizie vissute nella storia di Russia Cristiana, le giornate del convegno vedranno riunite persone provenienti dalla Russia o che per vari motivi negli ultimi tempi si sono trasferite altrove, in Europa, in Israele, nel continente americano. Non per disegnare scenari geopolitici e immaginare loro soluzioni, ma innanzitutto per condividere le esperienze vissute; per scoprire, dentro le ferite e i drammi che ciascuno si porta dentro, la traccia di un compito, di una solidarietà, di una speranza. Per ritrovare parole che oggi spesso sembrano divenute impossibili – bellezza, amicizia, perdono.

L’articolo è pubblicato su La Nuova Europa il 15 settembre 2023


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