Vedi il video curato da Tommaso Ricci (Tg2-Rai)
Dalla quarta di copertina:
Perché scrivere oggi un libro sull’Europa dell’Est negli anni Ottanta, una realtà definitivamente cancellata con la caduta del Muro e la fine del mondo bipolare? Per nostalgia, mi verrebbe da dire. Nostalgia vera e profonda, nulla a che vedere con quel sentimento sottile e un poco fatuo che inevitabilmente ci prende ad una certa età. Nostalgia di un’umanità diversa che ho avuto la fortuna d’incontrare nell’altra metà d’Europa, schiacciata sotto il peso dei regimi comunisti ma non rassegnata al dominio della menzogna. Gente cocciuta e coraggiosa che ha lottato contro un potere ritenuto invincibile senza cedere alla violenza e con il cuore sgombro dall’odio per affermare il diritto alla verità e alla libertà.
Avevano di fronte il male ma erano sorretti dalla fede in un bene più grande. Popoli e nazioni radicati nella tradizione cristiana, risorsa essenziale per un movimento anti-totalitario in quanto pone limiti al potere caduco e terreno dei politici. In questo modo milioni di uomini e donne hanno dato vita ad una rivoluzione autenticamente popolare senza rompere neppure un vetro.
Esattamente l’opposto di quel che accade da tempo sotto i nostri occhi e che proprio in questi giorni sta esplodendo tragicamente sull’altra sponda del Mediterraneo con il dilagare di proteste segnate dalla violenza sanguinaria e dal fanatismo ideologico dove la religione viene usata come una clava per colpire e distruggere il nemico, vero o presunto. Più in generale tutti i movimenti che oggi si vogliono portatori delle istanze della società civile e sventolano la bandiera dell’anti-politica dovrebbero prendere ad esempio le rivoluzioni pacifiche degli anni Ottanta nei Paesi comunisti, riflettendo sull’esperienza di Solidarnosc in Polonia e di Charta ’77 in Cecoslovacchia. Non basta indignarsi per quel che sta fuori, occorre guardare dentro di noi perché “il cambiamento parte dal rapporto dell’uomo con se stesso”, come ci ha insegnato Vaclav Havel in quella sorta di manuale del buon rivoluzionario che è Il potere dei senza potere.
Avendo avuto la fortuna (dapprima come inviato del settimanale Il sabato e poi del quotidiano Avvenire) di seguire da vicino per tutti gli anni Ottanta quello straordinario movimento dal basso culminato con la caduta dei regimi comunisti, ho pensato che fosse utile e doveroso raccontarlo. Per rinverdire la memoria di tanti miei coetanei che in quel periodo hanno vissuto con passione e tremore le vicende della Polonia e degli altri Paesi dell’Europa dell’Est. Ma soprattutto per far conoscere alle giovani generazioni nate dopo l’89 un’epopea grandiosa che ha cambiato faccia all’Europa e al mondo e che purtroppo rimane sostanzialmente ignorata nella sua dinamica e nel suo significato.