“Le città non raccontano storie, ma possono comunicare qualcosa sulla Storia; possono consevare e mostrare la loro storia renderla visibile oppure nasconderla. Possono aprile gli occhi, come succede nei film, o chiuderli. Possono divorare o nutrire la fantasia” (L’Atto di Vedere).
Dal 18 aprile fino al 6 luglio 2014 a Roma a Palazzo Incontro, la mostra “Urban Solitude” del regista Wim Wenders , uno dei principali protagonisti del Nuovo Cinema Tedesco fin dagli anni Settanta, dedicata ai paesaggi cittadini L’esposizione, curata da Adriana Rispoli, è promossa dalla Regione Lazio nell’ambito del Progetto ABC Arte Bellezza Cultura e organizzata da Incontri Internazionali d’Arte e Civita.
Ad otto anni dalla sua ultima mostra fotografica a Roma “Urban Solitude” offre una visione ampia e variegata dello sguardo di Wenders sulla realtà: Wenders infatti, oltre ad essere un importante e apprezzato regista, è anche fotografo.
Focus principale è il tema del paesaggio: la fotografia assume un ruolo fondamentale nella descrizione di atmosfere sospese, nella realizzazione di immagini di luoghi desolati o di scenari urbani che subiscono gli effetti del tempo. La fotografia, rigorosamente analogica, è per Wenders uno strumento per fissare, catturare e preservare una realtà dalla quale l’uomo si sta progressivamente allontanando rapito dalla virtualità dell’epoca contemporanea e favorito dall’utilizzo delle nuove tecnologie digitali.
COMUNICATO STAMPA: Wim Wenders (Düsseldorf 1945) è uno dei principali protagonisti del Nuovo Cinema Tedesco fin dagli anni ’70. La sua prolifica attività di film maker è parallela a quella di fotografo che si focalizza principalmente sul tema del paesaggio. La fotografia assume un ruolo fondamentale nella descrizione di atmosfere sospese, nella realizzazione di immagini pregnanti di luoghi desolati o di scenari urbani in cui il tempo è all’opera.
Ad otto anni dalla sua ultima mostra fotografica a Roma, Urban Solitude offre una visione ampia e variegata dello sguardo di Wim Wenders sulla realtà. La fotografia, rigorosamente analogica, è per Wenders strumento per fissare, catturare e preservare una realtà dalla quale l’uomo si sta progressivamente allontanando rapito dalla virtualità dell’epoca contemporanea e favorito dall’utilizzo delle nuove tecnologie digitali.
La mostra presenta venticinque fotografie in cui il tema del paesaggio urbano, caro all’artista, si intreccia indissolubilmente con quello della memoria. Ogni immagine emana una sensazione di nostalgia e di desolazione, ma anche di naturale calma e bellezza, racchiude storie passate e azioni dell’uomo “percepite” nell’assenza che l’artista inquadra. Ad un primo nucleo specificamente rivolto all’indagine sugli scenari urbani, in cui è evidente l’influenza dello sguardo di Edward Hopper sulla realtà americana, se ne affianca un altro più recente e forse più intimo. Tratte dalla serie intitolata Places, strange and quite del 2013 queste immagini ben esprimono una personale visione del mondo che cambia.
Le opere esposte sono accompagnate sia da testi che da haiku dell’artista che “immortalano” il suo pensiero al pari delle immagini.
Il corpus di fotografie in mostra rispecchia i filoni principali della ricerca di Wenders: la percezione diretta della realtà nel vedere e nel viaggiare. Immagini sospese che raccontano il passaggio dell’uomo attraverso la sua assenza, la memoria dei luoghi in un silenzioso flusso del tempo.