COS’E’ IL LAVORO

Una prospettiva cristiana di Lester DeKoster a cura di Giuseppe Sabella, Edizioni Cantagalli 2014

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Ora, né chi pianta né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere. Non c’è differenza tra chi pianta e chi irriga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro. [1 Cor 3, 7-8]

A proposito del tema del lavoro, perché pubblicare in Italia un libro di Lester DeKoster, scrittore ed editore protestante americano, addirittura trent’anni dopo la sua prima edizione? Oggi lo stesso dibattito in seno all’economia accoglie la prospettiva della crisi economica come crisi morale, come effetto della crisi dell’ umano. Ma, come ci ricorda Benedetto XVI in Caritas in Veritate, secondo la medesima prospettiva che guarda all’economia come un mezzo e non un fine, che cos’è il lavoro? Qual è il suo significato, il suo senso?
Sono queste le domande a cui risponde questo testo in modo ancora puntuale. Molti sono gli autori che hanno scritto e scrivono dei mali sul posto di lavoro, di work-life balance, di etica del lavoro, del rapporto capitale-lavoro, dei diritti dei lavoratori… e così via. Quasi nessuno ha trattato la questione del significato del lavoro e, nella fattispecie, del suo significato teologico e antropologico. Per questo, la monografia di DeKoster si rivela ancora molto attuale; egli rimane concentrato su un’eterna domanda: il lavoro dà senso alla vita?
Tre sono le sue intuizioni essenziali, che fanno di questo libro una lettura interessante per chiunque si sia mai chiesto se il lavoro è davvero un’istituzione divina e non semplicemente un male necessario. La prima intuizione è che il lavoro, in effetti, dà senso alla vita perché è la maniera in cui ci rendiamo utili agli altri, e quindi a Dio. Dio compie i Suoi propositi nel mondo attraverso i nostri talenti (che oggi va di moda chiamare competenze e abilità), di cui ci ha dotato affinché li utilizziamo nel servizio agli altri. La seconda intuizione è che il nostro lavoro partecipa alla tessitura della civiltà, che è la maniera in cui gli altri si rendono utili a noi, fornendoci gli strumenti per fare bene il nostro lavoro. Infine, il lavoro ci forma, ci plasma. Curioso che quest’ultimo punto sia stato affermato dallo stesso Marx: il problema risiedeva semmai nella proprietà dei mezzi di produzione, non nel lavoro in sé.
Riconoscere queste intuizioni significa riconoscersi in una visione del lavoro che dà senso alla vita, e che quindi rende l’uomo libero nel lavoro e non schiavo della fatica, dei problemi e del “padrone”. Anche per questo, oltre all’introduzione di Mons. Giampaolo Crepaldi, in conclusione il testo presenta i contributi di due protagonisti del lavoro: Raffaele Bonanni (sindacalista) e Stefano Colli-Lanzi (imprenditore). Come ci ricorda San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, “non c’è differenza tra chi pianta e chi irriga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro”, qualunque esso sia. Tuttavia, DeKoster amava dire che “Dio è un imprenditore, perché attende un ritorno dai suoi investimenti”.

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