La questione

Rondoni rilegge Leopardi: arriva il vento e accade l’infinito.

9 Novembre 2019
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Perché vale la pena rileggere L’Infinito di Giacomo Leopardi quando nulla di ciò che ci circonda sembra durare? È con una domanda che il poeta Davide Rondoni, ospite
a Cinisello Balsamo, presenta il suo libro dal titolo “E come il vento. L’infinito, lo strano bacio del poeta al mondo” – un omaggio per il bicentenario della stesura del famoso Idillio – durante l’incontro promosso dal Centro culturale Cara Beltà, in collaborazione con il Centro culturale San Paolo, presso la storica Villa Casati Stampa.
Rondoni ci introduce alla sua originale e appassionata interpretazione partendo proprio dall’esperienza del poeta di Recanati, per il quale la realtà è indefinibile, non può essere compresa a pieno, la si può solo continuare a guardare (sedendo e mirando). Così Rondoni spiega i primi versi di quella che definisce una poesia magnetica: «L’animo umano di fronte ad un limite o alla fine di un affetto prova dolore, “spaura”. È lo stesso sentimento di smarrimento e timore di fronte all’ignoto che avvertivano i Greci, dalla cui cultura Leopardi attinge».
Poi mostra l’apparente contraddizione presente nel testo: «Perché uno che di fronte a ciò che immagina essere l’infinito al di là della siepe (interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete) prima spaura e poi arriva a parlare di naufragio dolce? (e il naufragar m’è dolce il questo mare). È un ossimoro, una figura retorica, che ci dice di una forma di affidamento».
Ecco dunque l’interpretazione personale del poeta contemporaneo: «Tutto cambia quando arriva il vento, Leopardi comincia a comparare questa voce con l’infinito silenzio».
Rondoni ci insegna che questa volta Leopardi attinge dalla sua approfondita conoscenza della Bibbia: il vento ci riporta al Libro dei Re, quando Elia chiede a Dio di fargli sentire la sua voce. L’Onnipotente risponde con un segno, il vento appunto: «L’entrata del vento dà inizio a una nuova prospettiva (e mi Sovvien l’eterno…), ad una strana consapevolezza del tempo. Leopardi sta mettendo in scena questa possibile esperienza dell’eterno e dice:
“Così tra questa immensità s’annega il pensier mio”. È il superamento del sospetto dei greci per l’ignoto per arrivare a guardare l’infinito come esperienza amica».
Rondoni poi arriva a quello che per lui è il cuore della poesia: «Noi uomini non siamo definiti solo dai nostri atti. Cosa ci qualifica? La nostra unica identità è il nostro rapporto con l’infinito! Questa è l’unica dimensione che conserva all’io il suo valore e la sua libertà da ogni potere che vuole identificarlo in qualcosa, in qualche schema. Questo ci dice la poesia di Leopardi» E chiude l’incontro con un’altra decisiva domanda: «Nella tua vita c’è il
vento? Lo senti?». Un invito a lasciarci provocare.
Paola Cinquanta, Cinisello


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