Il 12 giugno siamo chiamati a esprimerci su cinque referendum che riguardano il mondo della giustizia, tema che investe la vita del nostro paese da trent’anni. Di fronte a questa scadenza referendaria è inevitabile che scattino in molti di noi alcune reazioni senz’altro legittime: l’idea che sia un appuntamento inutile perché probabilmente non si raggiungerà il quorum; la percezione di essere chiamati a fare un lavoro che spetta al Parlamento; l’obiezione legata all’aspetto molto tecnico e alla complessità dei quesiti referendari.
Sono tutte considerazioni che hanno un fondamento. Ci permettiamo però di stare di fronte a questi referendum con una duplice posizione, che superi le obiezioni che d’istinto sentiamo di avere. La prima posizione è quella di apertura e interesse a capire, e quindi di disponibilità ad andare a fondo dei temi su cui siamo chiamati a esprimerci, per una passione per il “bene comune” che non può essere superata semplicemente dicendo che “spetta ad altri decidere”. I temi della giustizia riguardano tutti e anche se il referendum non raggiungesse il quorum, non va persa l’occasione per capire qualcosa di più.
La seconda posizione è quella di far memoria. Memoria del fatto che i padri della Costituzione hanno pensato che fosse importante, dopo la Seconda Guerra Mondiale e tutto ciò che l’aveva provocata, dare uno strumento di democrazia diretta ai cittadini. Non dobbiamo dimenticarlo perché questo introduce il tema, ancora più alto, di cosa significa la democrazia e come vogliamo proteggerla. In questo momento storico in particolare, la democrazia e i suoi strumenti non vanno dati per scontati: stiamo toccando con mano il rischio che vengano rimessi in discussione.
Per questo proponiamo una serie di eventi di avvicinamento al referendum, che non vogliono essere né un invito a votare, né un’indicazione di voto. Ma un invito a rispettare i temi del referendum e lo strumento stesso. E a decidere di conseguenza come comportarsi il 12 giugno.
