IL SOGNO DI GERONZIO
Lettura drammatizzata del testo poetico di John Henry Newman, da produrre in occasione della sua canonizzazione il 13 ottobre prossimo.
“The Dream of Gerontius” è un poemetto del 1865, una sorta di sacra rappresentazione che segue il personaggio principale nei suoi ultimi istanti di vita e poi, quando egli si ‘risveglia’ come anima, nel suo cammino verso l’incontro con Dio padre e il Suo giudizio.
(…) Sono allo stremo; poiché sento tornare Quel senso di rovina che è peggio del dolore. L’imperiosa negazione e quel crollo Di tutto ciò che mi rende uomo; come affacciato All’orlo vertiginoso Di un precipizio senza fine; O in procinto di cadere Sempre più giù, per sempre, Attraverso la materia delle cose create, Come implacabilmente ad affondare sempre più Nell’immenso abisso. Ed ancor più spietata Una feroce paura avanza incessante Ad abitare la mia anima. E, sempre più torvo, Il male prende corpo E fluttua nel vento, impreca violento, Inquina l’aria santa, e ride Sbattendo le sue ali ripugnanti. Mi sgomenta, mi rende pazzo di spavento. Aiutami, oh Gesù! Prega per me, oh Maria! Ti invoco, oh Gesù: mandami un angelo, come quello Che a Te si presentò nella Tua agonia. (…)
In questo percorso dopo la morte, l’anima disorientata viene accompagnata dall’Angelo che risponde alle domande sulla sua nuova condizione, su ciò che accadrà e sul suo destino.
Infine, davanti alla “presenza velata” di Dio, essa ‘patisce’ il giudizio dell’Eterno che la “consuma” e insieme “la rianima col Suo sguardo”. Ed è proprio la ‘vergogna’, il dispiacere dell’amante che si sente indegno dell’amore che riceve, che costituirà l’agonia e la pena del Purgatorio cui è destinata. Tanto che è Geronzio stesso a supplicare per la propria purificazione.
Portatemi via, e nelle infime Profondità lasciatemi, E lì sconti nella speranza le solitarie veglie notturne, Per me decretate. Là, immoto e felice nel mio dolore, Solo, ma non derelitto, Là canterò senza posa la mia triste canzone, Fino al mattino. Là canterò, e acquieterò il mio petto affranto, Che mai smetterà Di palpitare, e struggersi, e languire, finché non conquisterà L’unica sua Pace. Là io canterò il mio Signore e mio Amore assente. Portatemi via, Ché quanto prima possa risorgere, ed elevarmi, E vederlo nella verità del giorno senza fine.
Una pena dunque, quelle “solitarie veglie notturne”, che l’anima si appresta a scontare “nella speranza”. Esattamente come scrive Dante: e vederai color che son contenti | nel foco, perché speran di venire | quando che sia a le beate genti.
Tanto che le parole conclusive dell’Angelo saranno: Addio, ma non per sempre! fratello caro; sii coraggioso e paziente nel tuo letto di dolore. Veloce passerà la notte della tua prova, e io verrò a svegliarti domani.
“Il sogno di Geronzio” non è mai stato rappresentato in forma teatrale.