Lugo (Ra): Condividere per ripartire
Il Centro Culturale “Umana Avventura” è stato tra gli organizzatori della tavola rotonda “Condividere per ripartire”, approfondimento della mostra in corso “Migranti, la sfida dell’incontro”.
Cronaca del convegno
Mercoledì 3 maggio, con la tavola rotonda sul tema “ Condividere per ripartire”, ha chiuso i battenti la mostra “Migranti, la sfida dell’incontro”e si è conclusa anche la serie di incontri ad essa collegati. Per realizzare questi eventi il Centro Culturale ha riunito un gruppo di lavoro composto da persone aderenti ad associazioni, istituzioni, opere di volontariato presenti nel territorio. Il fatto che a Lugo si siano incontrate tante realtà, diverse per scopo e origine culturale, che abbiano lavorato insieme e abbiano condiviso la responsabilità di questa proposta, è in sé un avvenimento. E’ stato un lavoro importante, iniziato a febbraio, che ha coinvolto anche ragazzi richiedenti asilo accolti dal CEFAL (una cooperativa che gestisce centri di formazione professionale e nella Bassa Romagna accoglie circa 150 richiedenti asilo e attua progetti di integrazione), che ha coinvolto tutte gli istituti scolastici di istruzione secondaria e alcune classi delle medie e delle elementari di Lugo, che, attraverso il percorso della mostra, le testimonianze dei ragazzi accolti , i racconti dei volontari e delle associazioni, ha fatto conoscere direttamente un fenomeno di cui i più hanno solo una visione parziale derivata dai media o dai discorsi nei bar o nei luoghi di lavoro. Più facevamo nostro il cuore del percorso, più le facce e gli occhi di tanti ragazzi che seguivano la mostra diventavano attenti e partecipi. E’ stato un aiuto per quegli insegnanti e quelle classi impegnati in progetti sul fenomeno migratorio, che ha portato ragazzi del Senegal, della Nigeria, del Togo, del Mali a incontrare i nostri studenti, a raccontare le loro storie, a condividere le loro paure e le loro sofferenze. E’ stato come aprire finestre sul mondo dentro le classi e gli studenti hanno potuto toccare con mano la frase del papa riportata da un pannello: “ Non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie”. E ancora oggi sono tanti i ragazzi che desiderano conoscere e incontrare quei volti, quelle storie e noi cercheremo di favorire l’incontro.
Abbiamo portato a Lugo la mostra perché l’abbiamo vista come una grande occasione per non anestetizzare con sociologie, polemiche o indifferenza il sentimento di dolore e di compassione verso tanti poveri uomini, donne, bambini, costretti a lasciare drammaticamente la terra e gli affetti che li hanno generati per cercare una vita migliore.
E abbiamo desiderato con forza invitare altre persone, che per lavoro o per generosità sono impegnate nell’accoglienza e nella promozione umana di tanti migranti, per costruire con noi un percorso che potesse far conoscere direttamente alla gente una realtà umanamente viva, che mettono in campo energie e creatività – insieme a fatiche e sacrifici – che pochi conoscono. E l’adesione a questo invito, numerosa e vivace, ha generato un clima di lavoro, di unità, di stupore, che ha pervaso questi mesi di impegno raggiungendo il suo culmine durante i 15 giorni della mostra e ha contagiato tante persone venute a vedere la mostra o a partecipare al ciclo di incontri che abbiamo chiamato “Le mani in pasta. Testimonianze dalla prima linea.”
Nei prossimi giorni ci incontreremo tutti per mangiare insieme e per aiutarci a capire cosa è accaduto di significativo e che prospettive ha aperto questo lavoro. Poi chiederemo ai prof che ci trasmettano cosa riportano i loro alunni dopo le esperienze vissute con noi.
A me vengono in mente due volti. Il primo è quello di una signora che durante una visita guidata mi interrompeva continuamente per polemizzare su quasi tutti i pannelli ma che il giorno dopo è tornata dicendo “ Mi scuso per ieri ma io sono molto spaventata.” “ Ma di cosa ha paura? Su centomila abitanti del nostro comprensorio noi accogliamo solo 230 ragazzi” “ Ho paura di quello che sarà” mi ha risposto. E io “ Così per la paura di quello che sarà lei si perde il bello che c’è” E quella signora l’ho rivista in mostra e agli incontri quasi tutti i giorni.
Il secondo volto è quello di una ragazzina che al termine di una visita guidata mi ha detto “ Prima avevo un’idea non bella sui migranti che arrivano . Poi in classe sono venuti Hamidou, yosef e i loro amici che ci hanno parlato di loro, del loro paese, del loro viaggio. E adesso tu ci hai spiegato la mostra, ci hai parlato di uno sguardo diverso. E io non ho più rabbia, e nemmeno paura. E con i miei compagni vorremmo continuare a incontrarli.”
Prima di inaugurare la mostra ci siamo chiesti “ Ma dopo la mostra cosa resterà di concreto ?” Così abbiamo pensato ad un gesto educativo di condivisione e l’abbiamo proposto durante la mostra e, d’accordo con il vicario e il prevosto di Lugo, in diverse parrocchie della città. L’abbiamo chiamato :
UN APPELLO ALLA NOSTRA SPERANZA
L’arrivo di gruppi di richiedenti asilo spesso suscita in noi sentimenti di insicurezza, di rabbia, di paura.
Il papa ci invita ad un altro sguardo: “ Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre: cercano una vita migliore. Cercavano la felicità”.
Sono ragazzi giovani,provenienti da paesi diversi, generalmente dall’Africa Subsahariana, staranno tra noi pochi mesi, forse un anno, in attesa di documenti che segneranno il loro destino. Sono ragazzi semplici, feriti dal dolore di un viaggio che li ha portati via dalle loro famiglie, dai loro affetti, dalle loro certezze. Sono in cerca di un sorriso, di uno sguardo buono, di una parola di speranza. Per noi possono essere l’occasione di un’ esperienza che ci renda più consapevoli della nostra speranza, della nostra umanità, della nostra fede.
L’appello che rivolgiamo a ognuno di noi è accettare “ la sfida dell’incontro’ con uno di questi ragazzi, dando disponibilità di qualche ora alla settimana per un pranzo, o una passeggiata, una visita in un ufficio o in un luogo bello. Lui si sentirà voluto bene, noi toccheremo con mano che, come dice Papa Francesco “i migranti, prima di essere numeri, sono persone, volti, nomi, storie”.
E potremo fare l’esperienza di una imprevedibile ‘convenienza’ umana.
Possiamo rispondere a questo appello telefonando a uno degli operatori sottoindicati. Ci saranno persone di associazioni che sosterranno la nostra disponibilità, se necessario anche offrendo aiuti di interpreti per i primi incontri: il Cefal che realizza i progetti per i ragazzi richiedenti asilo; Famiglie per l’Accoglienza che aiuta le persone o le famiglie in progetti di accoglienza; il parroco di questa chiesa.