Keith Haring e la street art americana

Febbraio 17, 2017
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Colorato, vitale, bizzarro, infantile, ironico, conturbante. Questo è il mondo di Keith Haring, pittore e street artist americano a cui una mostra, allestita al Palazzo Reale di Milano dal 21 febbraio 2017, rende omaggio. 110 opere, molte di grandi dimensioni, alcune inedite o mai esposte in Italia, provenienti da collezioni pubbliche e private americane, europee e asiatiche. Un’occasione unica per ricostruire la carriera di colui che ha esordito alla fine degli anni Settanta, per poi diventare il principale esponente dell’arte dei graffiti.

L’esposizione milanese rende il senso profondo e la complessità della ricerca di Haring, mettendo in luce il suo rapporto con la storia dell’arte. Le opere dell’americano vengono messe a confronto con le sue fonti di ispirazione, dall’archeologia classica alle arti precolombiane, dalle figure archetipe delle religioni alle maschere del Pacifico, dalle creazioni dei nativi americani fino ai maestri del Novecento, quali Jackson Pollock, Jean Dubuffet e Paul Klee.

In una sintesi narrativa di archetipi della tradizione classica, arte tribale ed etnografica, immaginario gotico e cartoonism, linguaggi del suo secolo ed escursioni nel futuro con l’impiego del computer in alcune sue ultime sperimentazioni, Haring ha creato un universo popolato da bambini radioattivi, personaggi dei cartoni animati e dei fumetti, richiami esotici e primitivi, immagini proprie della cultura underground metropolitana.

Evidente come il lavoro di Haring è stato espressione di una controcultura socialmente e politicamente impegnata su temi propri del suo tempo: la droga, l’Aids (malattia che uccise lo stesso artista a soli 31 anni), la minaccia nucleare, l’alienazione giovanile, la discriminazione razziale e delle minoranze, l’arroganza del potere.
Leggi un articolo di Giovanni Testori su Haring pubblicato sul Corriere della Sera 3/novembre/1991

Visita il sito di Palazzo Reale, Milano


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