IL MIELE E LA NEVE

Il miele e la neve. Il ritorno di chi si era perso, l’avventura della Pars di Salvatore Abruzzese, Dite Pars 2015

Image

Questo libro documenta l’osservazione di un’opera che, nel voler recuperare e reinserire tossicodipendenti e alcolisti, persegue l’obiettivo molto più ambizioso di restituire le persone ad una vita in abbondanza, dove tutto il vero, il bello e il buono sono mobilitati nella ricostruzione della bellezza del vivere. Nata dalla certezza di un’umanità già salvata e redenta da un Altro, la Cooperativa Sociale Pars è il nucleo di una società civile, laica e cristiana, impegnata a far tornare tra noi, quelli che avevamo perso. Testimonianze e riflessioni critiche,per recuperare la strada della dignità della persona e della meravigliosa bellezza dell’essere qui, oggi.

Salvatore Abbruzzese è sociologo ed insegna all’Università di Trento. Tra le sue opere più recenti, entrambe pubblicate presso la casa editrice Rubbettino: La sociologia di Tocqueville. Un’introduzione, (2005) e Un moderno desiderio di Dio. Ragioni del credere in Italia (2010)

La Pars è una storia di incontri nessuno dei quali si produce “per caso”, ma tutti rispondono ad un’intenzione, ad una volontà. Tutti rispondono ad un desiderio di guardare e di guardarsi. Tutti nascono da una passione per l’umano che ha radici nel cuore, cioè nel luogo in cui si muove la ragione dopo essere stata commossa e sconvolta dai fatti.

Gli incontri sono quelli tra José Berdini e Giorgio Torresetti, ma anche quello tra Don Gelmini e Don Giussani. Gli incontri sono quelli con lo psichiatra Giuseppe Mammana, così come sono quelli che ciascuno dei protagonisti di questa cooperativa di riabilitazione e di recupero dei tossicodipendenti ha realizzato e che gli ha cambiato la vita.

Quanto ai fatti intorno ai quali simili incontri si sono realizzati, questi non sono costituiti, come sarebbe facile pensare, dagli episodi di degrado rintracciabili nelle biografie tragiche di quanti sono stati feriti dalla droga. Non sono quelli che tanto invadono i media, abbacinati dallo spettacolo desolante di esistenze rovinate e di affetti traditi. Al contrario i fatti che hanno alimentato e commosso i protagonisti della Pars sono quelli che segnano il percorso di ritorno; il ritorno di chi c’è riuscito, è riuscito a “tornare tra noi”. La Pars è quindi e in primo luogo la testimonianza di un ritorno alla vita realizzato attraverso una serie di incontri, ciascuno dei quali ha accompagnato ciascuno degli ex-tossicodipendenti.
C’è quindi un “io” e un “noi” nella vicenda della Pars.

Un Io che si recupera e diventa presente a se stesso ed un “noi” che sa accogliere. Un “noi” che ha imparato ad aspettare ed ha predisposto un luogo dove è bello ritornare; un “noi” che è capace di insegnare a guardare il mondo con occhi nuovi ed a desiderarlo.
L’universo della Pars è quindi una comunità che non si preoccupa solo del recupero, ma si prefigge anche il “reinserimento” degli ex-tossicodipendenti, cioè la possibilità di trovare un lavoro, il recupero del desiderio di costruirsi una famiglia, la capacità di tornare a vivere concretamente.
Quella di dare vita ad un luogo di ritorno è stata un’idea formulata in primo luogo da Don Pierino Gelmini. Il fondatore delle comunità “Incontro”. Questi, dopo aver incontrato Don Giussani, l’ha lanciata proprio qui, al Meeting dell’anno 2000, parlando di un “clima vitale”; quel clima del quale chi esce dal tunnel della droga ha profondamente bisogno; quel clima senza il quale cadere di nuovo nella spirale della dipendenza ridiventa estremamente facile.
La Pars è il luogo nel quale questo clima vive ed opera. Vive nel percorso di recupero, attraverso i compagni, gli altri ex-tossicodipendenti arrivati prima e che sono più avanti nel cammino. Vive attraverso gli operatori che accompagnano singolarmente ciascuno, mentre lavora ogni giorno, come chiunque, nelle cose del mondo: da una vigna da piantare ad una casa da costruire, da un giardino da ripulire ad un pranzo da preparare o una casa da riassettare. Vive attraverso la vita di chi nella Pars ha messo il cuore, andando a vivere proprio lì, accanto a loro. Accanto a quelli dai quali più si sta lontani e meglio si sta.
Questo “clima vitale”, fa miracoli. Se la metà dei tossicodipendenti portati alla Pars spesso in forza di una sentenza, consegnati dai carabinieri o dai servizi pubblici di riabilitazione, i SERT, se ne va via dopo nemmeno una settimana, chi resta conosce il ritorno alla vita. 99% di successi tra quanti sono rimasti è una cifra da far impallidire qualsiasi statistica.
Di fatto, accanto al lavoro, ai farmaci ed alle psicoterapie, la Pars aggiunge la cornice più rilevante: quel clima vitale che rende la vita bella, ma soprattutto degna di essere vissuta, dove tutto l’ordinario quotidiano diventa buono, dove nulla è più banale ma tutto torna ad essere “pieno di ragioni”.
Diviene allora importante capire cosa componga un tale “clima vitale”, cosa lo strutturi, dove alloggi il mistero che abbia consentito a queste persone, che erano state oramai completamente spente dalle droghe e dall’alcol, di tornare ad abitare il nostro mondo e di viverlo con gioia piena.
La Pars non annuncia nulla. Non c’è nessuna “scuola” che sia obbligatoria, non si passano test di appartenenza, né si chiede di rimanere. La Pars non annuncia e nemmeno testimonia, si limita solo, come rivelava Péguy per l’universo monastico e per le prime comunità cristiane, a “fare il cristianesimo”. La Pars si limita a fare il cristianesimo, vivendolo ogni giorno, facendo bene – a volte anche molto bene – il proprio lavoro, ma anche correggendosi, migliorandosi, mossa da quella passione per l’umano che non fa stare “mai tranquilli”.
Si può allora andare alla Pars e frequentarla per rintracciare il fascino di una vita ordinaria, capace di misurarsi con quello stesso universo quotidiano che si rivelava “fastidioso come le mosche d’estate” per Cesare Pavese e scoprirlo stupendo.
Per fare il cristianesimo la Pars infatti cura la vita ordinaria.
Quella interiore di ciascuno dei membri della Fraternità San Michele Arcangelo, attraverso i riti della preghiera quotidiana e della messa settimanale celebrata al primo mattino dai sacerdoti dell’appena sopraggiunta Fraternità San Carlo, ma anche, ed in modo ancora più semplice – prima che la San Carlo arrivasse- attraverso le lodi, la preghiera a tavola, la mensa insieme ogni sabato sera ed ogni domenica a pranzo.
Ma la Pars cura anche la vita esteriore, quella che gli altri incontrano, là dove gli altri non sono solamente i ragazzi e le ragazze immessi nel percorso di recupero, ma anche e soprattutto le loro famiglie. Una volta al mese la Pars infatti organizza un giorno di festa con le famiglie, perché il padre e la madre sono importanti, perché tutto c’entra con la vita da recuperare, perché l’abbraccio di chi ha tanto sperato è fondamentale per tornare alla vita.
La festa è importante, a condizione che sia accompagnata dall’incontro con il Bene, il Vero ed il Bello. Il Bene rappresentato dalla messa domenicale, detta in auditorium, il Vero costituto dalle testimonianze, e il Bello presentato dalla tavola, da chi l’ha apparecchiata, da chi ha cucinato, da chi serve ai tavoli.
Ed infine, per nulla paga di questo, la Pars si occupa e si preoccupa affinché il meglio abbia stabile dimora sulla collina di Cigliano, vicino al piccolo paese di Corridonia. È allora il momento delle conferenze e dei concerti, perché non c’è vita degna di essere vissuta, che non sia accompagnata all’esperienza di ascoltare e di capire.
Ci si riappropria allora di un mondo intero e di una vita in abbondanza. È questo il cristianesimo che la Pars propone e che, senza essere minimamente ostentato, opera visibilmente e concretamente.
Si è dinanzi quindi a quello che, in realtà, è un miracolo semplice, ma non per questo meno importante degli altri. Il ritorno alla vita di chi si era perso, non solo per la sua gioia, ma anche per la nostra. Il miracolo di cosa può arrivare a fare ed a sperare il cuore quando accetta di specchiarsi in qualcosa di più grande che, finalmente, è degno di lui.

Condividi: