Macbetto o la chimica della materia

Marzo 5, 2019
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Casa Testori segnala lo spettacolo:

“Macbetto o la chimica della materia“per la regia di Roberto Magnani.

Per il regista l’intenzione di lavorare sul Macbetto di Giovanni Testori che è la rielaborazione di tre opere shakespeariane: Ambleto, Macbetto e Edipus, nasce dalla volontà di proseguire una particolare ricerca rivolta agli aspetti musicali della lingua teatrale. La lingua che Testori inventa per questo testo ha una musicalità interna molto forte che sembra suggerire il ritmo ossessivo dei cori delle streghe dell’ opera verdiana, e possiede entrambi gli andamenti contrastanti dell’Overture: la furia guerresca e lo sdiliquio amoroso. Il Teatro esige una propria lingua, diversa e lontana da quella del quotidiano, e la lingua che Testori offre alla scena affascina proprio in quanto invenzione: egli consegna in Macbetto una lingua poetica che si fa canto.
A partire dal testo originale si è operata una riduzione, ricavandone solo tre figure, espungendo dunque il Coro e omettendo l’ambientazione della chiesa sconsacrata. Sarà il Teatro in sé a diventare una specie di chiesa s-consacrata, mentre alcune parti del Coro verranno ridistribuite ai tre personaggi principali: Macbet, Ledi Macbet e la Strega. Le tre figure sembrano dettare un continuo e ciclico movimento di generazione vicendevole, come se fossero, ciascuna, una e trina.
Il testo è greve e impuro, imbevuto e lordato di ogni possibile liquido corporale: Macbetto è infatti un’opera materica, biologica, un farsi e disfarsi continuo che richiama le ragioni profonde del teatro stesso, essendo quest’ultimo, appunto, biologia. Ricorre quindi un continuo sporcarsi (il pensiero va ad artisti come Olivier de Sagazan o Paul McCarthy, che saranno fonti d’ispirazione per l’allestimento scenico), ma contrastato dalla tensione tutta verticale a cui si aggrappa il personaggio di Macbet, soprattutto nei dialoghi diretti con colui che sembra sovraintendere a ogni cosa, lo Scrivano “creatore di me e di questa lingua porcellenta e falsatoria”.
La medesima impurità caratterizzerà la relazione tra gli interpreti dello spettacolo. I tre attori-performer, provenienti da teatri e percorsi diversi, dovranno cercare la difficile intonazione di tre strumenti differenti, dell’unirsi restando disuniti, dell’amalgamarsi restando se stessi, per inquinarsi a vicenda preservando e facendo anzi esplodere la precisa identità di ciascuno. Intendo insieme cercare quell’accordo alchemico di diverse e peculiari lingue sceniche appreso in venti anni di lavoro insieme.

dal 5 marzo 2019 al 10 marzo 2019, Olinda-Ex O.P. Paolo Pini – Milano

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