Como: Come si fa a vivere? La famiglia

Incontro con Costanza Miriano


Dopo l’economia e l’educazione, l’ultimo incontro del ciclo Come si fa a vivere?, organizzato dal Centro Culturale Paolo VI, dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese e dalla Compagnia delle Opere di Como, affronterà il tema della famiglia.
La cronaca ci mostra quotidianamente la crisi che la famiglia attraversa: difficoltà economiche; rapporti che sfociano anche in violenza; soprattutto però una sfiducia, in particolare nei giovani, nell’impegnarsi in un amore che sia per sempre. Tante le analisi, tante le ricette che gli esperti ci propongono. E se ripartissimo dall’esperienza di una donna, sposa e mamma, giornalista e scrittrice?
Costanza Miriano, nata nel 1970 a Perugia, risiede e lavora a Roma. Per quindici anni è stata giornalista del telegiornale regionale Rai; attualmente si occupa di informazione religiosa a Rai Vaticano.
Madre di quattro figli, svezzata l’ultima, ha cominciato quasi per caso a scrivere un libro, Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura, che è diventato un caso letterario in Italia (Vallecchi 2012, 16 edizioni; Sonzogno 2013, ristampa) ed è stato tradotto in vari paesi (tra cui la Spagna).
Successivamente sono stati pubblicati Sposala e muori per lei. Uomini veri per donne senza paura (Sonzogno 2012) e Obbedire è meglio. Le regole della Compagnia dell’agnello (Sonzogno 2014).

“In unam carnem”. La strada per una compagnia eterna

La sera del 13 ottobre, presso l’Auditorium del Collegio Gallio di Como, si è tenuto l’incontro con la giornalista e scrittrice Costanza Miriano, in occasione della chiusura del ciclo dal titolo “Come si fa a vivere?”, organizzato dal Centro culturale Paolo VI, dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese e dalla Compagnia delle Opere di Como.
«Come si fa a vivere la famiglia?», ha esordito la Miriano. «Non lo so, posso solo dire che vale la pena provarci». Una vita, quella delineata dalle parole della giornalista e prima di tutto sposa e madre, che ha poco a che fare con l’idea contemporanea dell’uno contro tutti, dell’individuo che costruisce la propria strada a forza di lanci e risposte ai colpi del destino; è piuttosto una lotta faticosa e quotidiana per imparare ad accettare ed amare le occasioni proposte dalle circostanze.
Ma una cosa è rispondere alle circostanze, un’altra è implicare tutta la propria vita con una circostanza particolare: «Bisognerebbe avere qualche certezza su come andrà a finire per assumersi un impegno di questo tipo» oppure «bisognerebbe ricordarsi che il dubbio – anche sulla persona che si sposa – non è sintomo che si è sbagliato, fa parte della nostra natura». Prima o poi il limite proprio o dell’altro o delle stesse circostanze ci diventa palese, potrebbe crearsi una situazione per cui il nostro grande desiderio di essere amati in qualche modo risulti tradito, e presto bisognerà fare in conti con una grande voglia di scappare. «Stacce! Bisogna fare in modo che le cose funzionino», ha proseguito la relatrice: dobbiamo voler rispondere a quanto ci chiede il quotidiano, è questa risposta che dobbiamo voler riconoscere ed accettare.
Del resto l’altro è totalmente altro, è diverso, uomini e donne non parlano la stessa lingua naturale, è fondamentale il desiderio di tradursi affinché non si corra il rischio di morire in una routine in cui regna la scontatezza e lo scoraggiamento. La famiglia non è innanzitutto un luogo di riposo, bensì è il primo luogo di costruzione della persona e della società.
Ma come si fa ad amare così? Come si può in fondo perdonare l’altro per essere quello che è? Le risposte a questa domanda possono essere molteplici, ma solo il cristianesimo ha la possibilità di rispondere, anche quando l’altro sembra non essere più il “principe” o la “principessa” («lui si sposa sperando che lei non cambi mai, lei si sposa sperando di cambiarlo»): «Si ama lo sposo per arrivare ad amare Dio», ha questo obiettivo e questo respiro la fatica quotidiana. Colui che mi è dato dalle circostanze per sempre «è il segnaposto del totalmente Altro», citando l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola; segnaposto in quanto “segno”, rimando, strada per l’Unico – Gesù Cristo – veramente in grado di amare ogni uomo per tutto il suo reale desiderio e bisogno.
Quello che non si può non evidenziare è la grande simpatia e l’estremo ottimismo dimostrati da Costanza Miriano, quella simpatia e quell’ottimismo che suscitano un fascino in chi legge i suoi libri e la segue sui giornali e sui blog (quanti l’hanno salutata come se la conoscessero da anni, come una “compagna” nell’avventura della vita!). Una simpatia e un ottimismo che ricordano tanto un passo di Chesterton in “Ortodossia”: «Spesso ho preferito chiamarmi ottimista per evitare la troppo evidente bestemmia del pessimismo. Ma tutto l’ottimismo dell’epoca è stato falso e scoraggiante, per questa ragione: che ha sempre cercato di provare che noi siamo fatti per il mondo. L’ottimismo cristiano invece è basato sul fatto che noi non siamo fatti per il mondo».
(Lorena Volontà)

Video dell’incontro (dal sito del centro Culturale Paolo VI)



Data

Lunedì 13 Ottobre 2014 ore 21:00

Luogo

Auditorium Collegio Gallo, via Barelli, Como