Napoli: La più bella delle avventure

Incontro su padre Augusto Gianola


All’ultimo Meeting dell’amicizia trai popoli di Rimini una mostra ha raccontato la vita del sacerdote che in Amazzonia ha saputo conciliare l’annuncio cristiano con la promozione umana e sociale. Un prete che, con coraggio e buonumore, testimoniava il Vangelo in maniera del tutto originale. Il Centro Culturale “Neapolis” ha voluto ripercorrere le principali tappe della mostra, per scoprire, come ha scritto Enzo Biagi, quella “scintilla di eternità presente nei discorsi e nel sorriso di padre Augusto”.

E’ intervenuta Giuseppina Gianola, superiora delle Suore di Carità dell’Assunzione

Cronaca dell’incontro
La grande avventura di Padre Augusto Gianola, missionario del Pime nell’Amazzonia brasiliana, non è certamente una di quelle avventure che terminano con la morte. Ancora oggi, a distanza di venticinque anni dalla scomparsa del sacerdote, “quella scintilla di eternità presente nei discorsi e nel sorriso di P. Augusto” che Enzo Biagi aveva notato, torna a sorprendere e conquistare i cuori della gente, giungendo, nel pomeriggio del 26 Gennaio, sino a Napoli. Qui, nella Chiesa di Donna Romita, è la sorella Giuseppina, superiora delle Suore di Carità dell’Assunzione, a raccontare la meravigliosa avventura.
“La vita di Augusto è un incessante cammino tra due fuochi. Da un lato il suo temperamento avventuroso e allegro. Dall’altro, un desiderio profondo e sincero di santità e comunione con Dio”.
Un animo esuberante, quello di Padre Augusto, amante delle montagne e sempre pronto ad arrampicare pareti impetuose. Uno spirito curioso, disposto ad esplorare i meandri impercorribili della foresta amazzonica ed un cuore sensibile, deciso a cogliere la bellezza della natura e a gustare il silenzio delle salite.
Un uomo talvolta eccessivo, ma un’eccessività docile, perché sempre mitigata dal nobile desiderio di fare la volontà del Padre. Proprio per questo, partendo come missionario in direzione di Macapà e Parintin, dice: “Partirò a mani vuote. Anzi, vorrei addirittura partire senza mani, senza il mio cuore, senza me stesso. Vorrei essere distrutto nella mia povera vita, partire con il Suo cuore, con le Sue mani”.
Come racconta suor Giuseppina, “la vita missionaria di Augusto, non priva di crisi e incertezze, è stata sempre caratterizzata da una continua ricerca dell’Oltre. Ogni passo della sua vita, Augusto lo sente totale, importante, definitivo. Lui era certo che quello che gli sarebbe accaduto, l’avrebbe aiutato ad avvicinarsi sempre di più al suo buon Dio”.
E’ durante gli anni della missione che questa abbondanza di desiderio si riversa nelle opere. Augusto, navigando lungo il Rio con il suo “battellino”, si fa pescatore di uomini e riunisce in comunità le popolazioni diluite nei pressi del fiume. Era il metodo evangelico del “vieni e seguimi” a incuriosire la gente del posto che ben presto diviene la sua gente. In questo rapporto amorevole con gli altri, il missionario del Pime, trova la sua più grande soddisfazione: nei volti dei lebbrosi, degli infetti e dei malati ritrova il volto di quel Dio che tanto cerca.
Si fa spazio così, passo dopo passo, un amore che è capace di costruire ed educare: nascono comunità capaci di condividere ogni momento della vita quotidiana e scuole agricole che divengono modello di istruzione in tutto il resto del Brasile.
Poi il tempo della solitudine, il ritiro nell’eremo. Qui, nella semplicità disarmante della quotidianità, il missionario ritrova tutto: un’umanità straordinaria, un cuore più umile, una pace sorprendente. Scrive il giorno del suo compleanno: “Sapevo che sarebbero arrivati dei miei amici, così ho passato quasi tutta la mattina pescando. A mano a mano che le ore passavano la mia felicità aumentava […]. Quando sono scese le tenebre e mi sono reso conto che nessuno pensava a me, il mio cuore era ormai pieno, pieno, pieno di felicità: avevo fatto tutto il lavoro solo per Te, o Signore. E tu sei arrivato.”

Di fronte alla certezza di quella Presenza dirà: “Non riesco più a vedermi fuori dal Paratucù. È una cosa formidabile che mai ho sentito così nella mia vita. È un’avventura diversa e finale. Il prepararmi a morire e a tentare l’avventura più bella che è quella di rispondere ad un Dio che da cinquantasei anni mi chiama con amore. Per me non esiste oramai che una sola avventura da compiere, l’avventura di amare Dio. Non desidero altro nella vita!”
Di qui a poco i segni della malattia e il rientro in Italia. Negli ultimi giorni della sua vita, Padre Augusto, parlando con la sorella Annamaria, suora di clausura del Carmelo, esclamerà: “Abissi di felicità… Nel mio cuore abissi di felicità!”.
Con cuore lieto e animo semplicissimo, Padre Gianola si spegnerà il 24 Luglio del 1990. Non può che ricominciare da qui una nuova e più grande avventura, quella tra le montagne del Paradiso.
(Centro Culturale Neapolis)



Data

Giovedì 26 Gennaio 2017 ore 18:30

Luogo

Chiesa di Donna Romita, via Paladino 50, Napoli